Il diritto all’oblio è una delle molteplici manifestazioni del diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali. Ancora, il diritto all’oblio è speculare rispetto al diritto di cronaca: il presupposto del primo è che l’interesse pubblico alla conoscenza di un fatto sia circoscritto in quello spazio di tempo necessario a informarne la collettività e, con il trascorrere del tempo, si affievolisca fino ad esaurirsi.
Lo scorso 25 novembre, la Corte Europea ha pronunciato una sentenza – nel rispetto dell’art. 10 della CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo) – che prevede la condanna al risarcimento dei danni di una testata giornalistica che non aveva provveduto alla deindicizzazione di un articolo di cronaca. Ecco che il confine tra libertà di espressione, così come definito dal menzionato art. 10, e il diritto alla cancellazione, appare ancora più labile.
Il contesto normativo
L’art. 17 del GDPR stabilisce che il diritto alla cancellazione non sussiste quando il trattamento dei dati è necessario per soddisfare alcune esigenze. Fra queste si annoverano: l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione oppure a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica. Il diritto all’oblio è regolamentato dall’art. 17 del GDPR e dal Considerando 65, che prevede per l’interessato la facoltà di ottenere la rettifica dei dati personali e di avvalersi del diritto all’oblio, se la conservazione di tali dati viola il Regolamento o il diritto dell’Unione o degli Stati membri cui è soggetto il titolare del trattamento.
In particolare, la cancellazione può essere legittimamente richiesta quando i propri dati personali non siano più sottoposti a trattamento o non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o ancora, quando l’interessato abbia ritirato il proprio consenso o si sia opposto al trattamento o quando quest’ultimo risulti non conforme al GDPR.
Anche l’ EDPB si è espressa in tal senso, adottando a seguito della consultazione pubblica avvenuta il 7 luglio 2020, le “Linee guida 5/2019 sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio nel caso dei motori di ricerca, definite in base alle previsioni del Regolamento (UE) 2016/679” che richiamano le predette indicazioni definite all’art. 17 del GDPR.
Diritto all’oblio e diritto all’informazione: due facce della stessa medaglia
Consideriamo alcune recenti pronunce sui rapporti tra diritto all’oblio e diritto all’informazione. Recentemente la Corte di Cassazione con sentenza delle Sezioni Unite (n. 19681 del 22 luglio 2019) è intervenuta su un caso di rievocazione della notizia di un omicidio avvenuto oltre 25 anni prima, commesso da un soggetto che nel frattempo aveva scontato la pena e aveva provveduto al reinserimento sociale. Secondo la Cassazione, nel contrasto tra due opposti diritti (oblio ed informazione), il giudice dovrebbe valutare l’interesse pubblico, concreto e attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone protagonisti di vicende giudiziarie.
A tal proposito, occorre ricordare anche la sentenza del 13 maggio 2014 (caso Google Spain) ove la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi
A tale sentenza si ricollegano “Le linee guida sull’attuazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’unione europea nel caso Google Spain” del Gruppo di Lavoro Articolo 29, in cui vengono qualificati i motori di ricerca quali titolari del trattamento e in cui si rimarca il diritto dell’interessato alla deindicizzazione.
La Corte Europea
Nonostante il quadro normativo e giurisprudenziale poteva già apparire ben delineato, anche alla luce della riforma Caparbia la Corte Europea ha delineato dei confini differenti per la libertà di espressione. Infatti, con la recente decisione citata in apertura, si sostiene che la condanna al risarcimento del danno (oltre alla deindicizzazione dell’articolo) non comporterebbe alcuna lesione del diritto di cronaca e di espressione. È opportuno ricordare quanto stabilisce l’art. 10 della CEDU: “… tale diritto include la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche e senza riguardo alla nazionalità.”
Appare dunque rilevante per i Giudici di Strasburgo il fattore temporale, per cui il mantenimento dell’articolo online, successivamente alla richiesta di eliminazione, non può essere giustificato dal diritto di cronaca e di espressione.
Conclusioni
Il tema del diritto all’oblio è sempre più dibattuto e in continua evoluzione. Inevitabilmente, il suo percorso evolutivo si intreccia sempre di più con il diritto alla protezione dei dati personali e alla riservatezza dei soggetti coinvolti, comportandone un costante rafforzamento.