Il diritto all’oblio: verso l’ approvazione definitiva

In questi giorni si è discussa la riforma Cartabia, (dal nome del ministro della Giustizia che l’ha elaborata e proposta), approvata nella Commissione parlamentare.

 

Il diritto all’oblio

Il diritto cosiddetto “all’oblio”(art. 17 del Regolamento europeo in materia di protezione dei dati personali- GDPR) si configura come un diritto alla cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l’obbligo per i titolari di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione” .

Ha un campo di applicazione più esteso di quello di cui all’art. 7, comma 3, lettera b), del Codice, poiché l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati, per esempio, anche dopo revoca del consenso al trattamento.

Il diritto all’oblio è regolamentato all’art. 17 del GDPR e al Considerando 65, quest’ultimo prevede che un interessato dovrebbe avere il diritto di ottenere la rettifica dei dati personali che lo riguardano e il diritto all’oblio se la conservazione di tali dati violino il Regolamento o il diritto dell’Unione o degli Stati membri cui è soggetto il titolare del trattamento. In particolare, l’interessato dovrebbe avere il diritto di chiedere che siano cancellati e non più sottoposti a trattamento i propri dati personali che non siano più necessari per le finalità per le quali sono stati raccolti o trattati, quando abbia ritirato il proprio consenso o si sia opposto al trattamento dei dati personali che lo riguardano o quando il trattamento dei dati personali non sia conforme al GDPR.

Tuttavia, sempre l’art. 17 del GDPR stabilisce che il diritto alla cancellazione non sussiste quando il trattamento dei dati è necessario per soddisfare alcune esigenze; fra queste, per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione oppure a fini di archiviazione nel pubblico interesse, di ricerca scientifica o storica.

La riforma

Nella riforma Cartabia è stato inserito il diritto all’oblio per gli indagati o imputati che risultano assolti e che non vogliano apparire sui motori di ricerca in rete; tale diritto viene tecnicamente applicato mediante la deindicizzazione delle notizie relative ai procedimenti penali a carico dell’interessato.

Trattasi, invero, non di una cancellazione vera e propria dei contenuti dai siti che avevano pubblicato l’iniziale notizia dell’incriminazione, o della sottoposizione alle indagini, ma una «deindicizzazione», che però avrà lo stesso effetto pratico: impedire che quell’informazione venga rintracciata da chi compie una ricerca digitando il nome e il cognome di un soggetto.

L’emendamento approvato alla Camera interviene su una norma delle disposizioni di attuazione del Codice di procedura penale che riguarda le comunicazioni delle sentenze, prevedendo che i decreti di archiviazione, le sentenze di non luogo a procedere e le sentenze di assoluzione vengano comunicati al Garante per la protezione dei dati personali e “costituiscano titolo per l’emissione senza indugio di un provvedimento di deindicizzazione dalla rete Internet dei contenuti relativi al procedimento penale contenenti i dati personali degli indagati o imputati”.

Difatti, si legge: “ (Disposizioni in materia di effetti della sentenza)

  1. Nell’esercizio della delega di cui all’articolo 1, i decreti legislativi recanti modifiche al codice di procedura penale in materia di effetti della sentenza sono adottati nel rispetto del seguente principio e criterio direttivo: prevedere che la sentenza di assoluzione o proscioglimento costituisca titolo per l‘interessato per ottenere dai prestatori di servizi dell’informazione che gestiscano motori di ricerca, l’immediata deindicizzazione dei dati personali relativi al procedimento penale nel quale è intervenuta l’assoluzione o il proscioglimento, e prevedere altresì, qualora il prestatore non adempia entro il termine di 7 giorni, che costituisca titolo per ottenere dal Garante per la protezione dei dati personali un provvedimento di deindicizzazione.

 

I diversi aspetti del diritto all’oblio

Il diritto all’oblio è uno dei molteplici aspetti sotto i quali si manifesta il diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali.

Diritto all’oblio e diritto di cronaca sono speculari: il presupposto del primo è che l’interesse pubblico alla conoscenza di un fatto è circoscritto in quello spazio di tempo necessario a informarne la collettività, e con il trascorrere del tempo si affievolisce fino a non dover più essere, obbligatoriamente, di dominio pubblico.

A tal proposito, occorre ricordare la sentenza del 13 maggio 2014 (caso Google Spain),ove la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che il gestore di un motore di ricerca su Internet è responsabile del trattamento dei dati personali che appaiono su pagine web pubblicate da terzi; così, se a seguito di una ricerca effettuata a partire dal nome di una persona l’elenco di risultati mostra un link verso una pagina web che contiene informazioni sulla persona in questione, questa può rivolgersi direttamente al gestore.

A tale sentenza si ricollegano “Le linee guida sull’attuazione della sentenza della Corte di Giustizia dell’unione europea nel caso Google Spain”del Gruppo di Lavoro Articolo 29, in cui vengono qualificati i motori di ricerca quali titolari del trattamento e in cui si rimarca il diritto dell’interessato alla deindicizzazione.

Sui rapporti tra diritto all’oblio e diritto all’informazione è intervenuta anche la Corte di Cassazione con sentenza delle Sezioni Unite (n. 19681 del 22 luglio 2019); il caso riguardava la rievocazione della notizia di un omicidio avvenuto oltre 25 anni prima, commesso da un soggetto che nel frattempo aveva scontato la pena e aveva provveduto al rieserimento sociale.

Secondo la Cassazione, nel contrasto tra due opposti diritti(oblio ed informazione), il giudice deve valutare l’interesse pubblico, concreto e attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone protagonisti di vicende giudiziarie.

Infine, a seguito di consultazione pubblica avvenuta il 7 luglio 2020, sono state adottate da EDPB le “Linee guida 5/2019 sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio nel caso dei motori di ricerca, definite in base alle previsioni del Regolamento (UE) 2016/679”  che richiamano le predette indicazioni definite all’art. 17 del GDPR.

Anche il Garante si è espresso in merito all’importanza di rispettare la libertà di informazione senza, tuttavia, ledere il diritto alla riservatezza dell’interessato soprattutto in occasione di fatti di cronaca.

Conclusioni

Ormai, da tempo si sente parlare di diritto all’oblio e la sua approvazione definitiva rappresenterebbe un chiaro e deciso segno di civiltà ed un passo avanti nella tutela delle libertà dell’interessato.

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