Siamo sicuri che Immuni, l’applicazione scelta dal Governo per tracciare i contagi, sia davvero utile?
A quanto pare ci sarebbero tutti gli elementi affinché si riveli un vero e proprio “flop”, in mancanza di adeguati presupposti. Addirittura potrebbe contribuire a peggiorare lo scenario generale.
Proviamo a capire meglio cosa si poteva fare e cosa invece non è stato fatto, insieme all’avv. Andrea Lisi nel suo ultimo intervento su Linkedin.
Tante incertezze e poca trasparenza
Sistema centralizzato o decentralizzato? Non abbiamo certezze su alcune delle “condizioni” fondamentali per dell’app, non sappiamo che tipo di dati verranno trattati e le modalità utilizzate per renderli anonimi o pseudoanonimi. Non sia hanno neppure certezze sul perché sia stata scelta questa soluzione e sulla reale apertura della licenza e sul suo riuso. Per non parlare del fatto che la DPIA (valutazione d’impatto) a oggi, non è stata nemmeno presa in considerazione.
Dov’è l’utilità?
In mancanza di un controllo a tappeto dello stato di salute dei cittadini l’app è inutile. La mancanza di questo presupposto potrebbe peggiorare la situazione attuale, con il rischio di creare falsi positivi e negativi.
E la “privacy”?
Dovrebbe essere un prerequisito essenziale e invece no. La protezione dei dati dei cittadini sembra essere solo un miraggio, poiché non si hanno certezze sulle modalità del trattamento da adottare.
All’inizio della Fase 2 sono ancora tanti gli aspetti da valutare e tanti i dubbi di un progetto che potrebbe rivelarsi solo un “flop”.
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