Le professionalità digitali a servizio del nostro patrimonio informativo. Scenari presenti e futuri per una società consapevole

L’attuale contesto digitale si è trasformato nella terra delle grandi opportunità, percepito come un nuovo “sogno americano” che stavolta non conosce territorialità. Si tratta di uno scenario caratterizzato da dirompenti rivoluzioni tecnologiche destinate a traghettarci verso un futuro sempre più automatizzato e semplificato in cui meccanismi sofisticati forniscono facili soluzioni, spesso considerate definitive. Meccanismi che, come è noto, si nutrono costantemente di dati e informazioni, raccolti dalle Big Tech alle quali abbiamo affidato ogni nostro comportamento on line e, pertanto, esposti a ogni forma di vulnerabilità.

Alla luce di tali scenari, è necessario riportare l’attenzione sulla difesa del nostro patrimonio informativo, oggi in balìa non solo di nuovi oracoli digitali, ma anche di un’iperproduzione normativa volta ad arginare possibili derive tecnologiche e sociali. Tuttavia, la copiosa attività del legislatore europeo, benché guidata da lodevoli intenzioni, non deve distrarre dal perseguimento di un obiettivo ben più rilevante: comprendere l’attuale contesto digitale, interpretarne le evoluzioni, i rischi e le implicazioni attraverso uno studio attento e una ricerca mirata, per poter agire efficacemente a tutela dei nostri diritti fondamentali.
Per raggiungere tale scopo, è fondamentale riabilitare il ruolo dei professionisti della digitalizzazione o, meglio, della custodia di contenuti digitali che, tra figure consolidate e interessanti new entry, si rivelano determinanti nell’accompagnare le organizzazioni verso una trasformazione digitale reale e consapevole. Tra questi si possono citare: il Data Protection Officer (DPO), il Responsabile della Conservazione Documentale (RDC), il Chief Digital Officer (CDO) o Responsabile per la transizione digitale, il Chief Information Security Officer (CISO) o Referente per la Cybersicurezza e l’AI and Data Ethics Compliance Manager (AIDEC) o Esperto di Etica Digitale.

Analizziamoli più da vicino e scopriamo perché assumeranno un ruolo sempre più strategico all’interno delle organizzazioni.

Il Data Protection Officer e il Responsabile della conservazione: i custodi del nostro patrimonio informativo

Le realtà pubbliche e private che si occupano di gestire determinate categorie di dati personali hanno l’obbligo di designare, così come stabilito dall’art. 37 del Regolamento UE 2016/679 (GDPR), il Data Protection Officer (DPO), o Responsabile della protezione dei dati. Si tratta di una figura indispensabile per la corretta governance di dati e informazioni la cui funzione strategica risiede nel monitoraggio di processi e procedure legati all’ambito della data protection. Tra le attività svolte rientrano la supervisione della gestione dei dati, interventi in caso di possibili violazioni e quella di fungere da punto di contatto con l’Autorità Garante per la protezione dei dati personali. Il DPO è dunque una figura chiave che, per quanto “nuova”, deve sempre tenere in considerazione le evoluzioni digitali derivanti dall’introduzione di tecnologie emergenti che comportano nuove modalità di raccolta e profilazione dei dati. Anche per questo, è indispensabile che il DPO mantenga la propria conoscenza specialistica secondo quanto previsto dall’art. 38, paragrafo 2, del GDPR.

Accanto al DPO c’è un’altra figura obbligatoria per chi gestisce e conserva documenti informatici, in ambito pubblico e privato: si tratta del Responsabile della conservazione (RDC) o anche definibile come Digital Preservation Officer (condividendo così l’acronimo con il più noto Data Protection Officer). Chi sviluppa fatturazione elettronica, riceve PEC e usa firme digitali o sigilli elettronici, non può non avere un sistema affidabile di conservazione e dotarsi di questa figura prevista dal Codice dell’amministrazione digitale, ribadita in ultimo dalle Linee Guida AgID. Considerato l’attuale panorama normativo, ormai sempre più sfaccettato anche in ambito di conservazione digitale, è bene che il Responsabile della conservazione possegga una conoscenza approfondita non soltanto sul piano tecnico e legale ma anche su quello storico-filosofico, così da avere una visione globale del contesto di riferimento e far sì che dati e documenti siano correttamente archiviati e protetti, nel rispetto dei principi fondamentali di conservazione, integrità e accessibilità nel tempo.

Guidare la trasformazione digitale grazie al Chief Digital Officer (CDO)

Il processo di trasformazione digitale implica, però, un cambio di mentalità che passa dall’adozione di nuovi sistemi tecnologici, a una riorganizzazione aziendale, fino alla formazione di figure professionali specializzate volte a coordinare e supervisionare i vari processi di transizione digitale. Per questo motivo, le organizzazioni pubbliche e private devono designare un Chief Digital Officer (CDO), conosciuto anche nelle PA come Responsabile per la transizione digitale (RTD), introdotto dal Codice dell’Amministrazione digitale. Si tratta di un professionista con competenze trasversali in ambito informatico, giuridico e manageriale il cui compito è garantire che la transizione digitale, in quanto processo in continua evoluzione, risponda adeguatamente alle nuove esigenze giuridiche ed etiche.

Il Chief Information Security Officer (CISO): il garante della sicurezza delle nostre identità e dei nostri dati

L’adozione delle nuove tecnologie, così come l’abituale utilizzo di software gestionali per le attività lavorative, possono esporre dati e informazioni a costanti pericoli, se non accompagnati da solide strategie di protezione degli asset aziendali che sappiano mitigare eventuali rischi informatici. Per questo è essenziale individuare una figura strategica a presidio della sicurezza delle informazioni come il Chief Information Security Officer (CISO), o Responsabile della Cybersicurezza. Un professionista ormai sempre più richiesto dalle organizzazioni pubbliche e private e che sia in grado di affrontare le nuove sfide poste dalle evoluzioni in ambito di cybersicurezza, con un approccio multidisciplinare, pratico e orientato alle reali esigenze della digitalità, secondo quanto previsto dalla Legge n. 90/2024 e dagli adempimenti della Direttiva NIS 2 (2022/2555/UE), del D.Lgs. n. 138/2024 e dello stesso GDPR.

AI and Data Ethics Compliance Manager (AIDEC) per una visione etica e globale del moderno contesto digitale

Parlare di nuove tecnologie e, nello specifico, di intelligenza artificiale, significa avere non soltanto solide competenze in ambito tecnico e giuridico, ma saper approcciare l’innovazione in maniera etica, così da integrare l’osservanza delle normative a una visione globale della realtà che ci circonda. In uno scenario orientato alla perfetta armonia tra etica e diritto, infatti, i principi di accountability e trasparenza rappresentano le colonne portanti per le organizzazioni pubbliche e private orientate alla digitalizzazione che dovranno, pertanto, introdurre l’etica all’interno della propria compliance digitale, prevedendo l’adozione di nuove procedure e la nomina di figure strategiche preposte a tale scopo. Tra queste, emerge una nuova professionalità destinata a distinguersi nel panorama digitale odierno: l’AI and Data Ethics Compliance Manager (AIDEC) o Esperto di Etica Digitale.
Una figura emergente che si occupa di analizzare il contesto di riferimento e proporre soluzioni per risolvere le possibili implicazioni etiche e giuridiche legate all’uso delle nuove tecnologie, in particolare quelle che riguardano l’intelligenza artificiale e l’automazione dei processi decisionali. L’AIDEC si pone così a presidio di un utilizzo equo e trasparente delle tecnologie, promotore di un’innovazione orientata al benessere comune e capace di salvaguardare i diritti fondamentali degli individui.

 

Queste cinque figure professionali, caratterizzate da solide competenze tecniche, giuridiche ed etiche sono ormai essenziali per guidare la trasformazione digitale di ogni organizzazione pubblica e privata. Tuttavia, la loro designazione rappresenta solo l’ultimo step di un percorso ben più articolato di cui non si ha ancora piena consapevolezza. Per comprendere il ruolo strategico di queste figure sarà infatti necessario investire nella formazione autorevole, nella ricerca e in attività di divulgazione scientifica, fondamenta indispensabili per edificare una società consapevole, padrona del proprio pensiero critico e cosciente che il cambiamento, prima ancora che dall’esterno, parte soprattutto da noi.

La Digitalaw Academy, anche attraverso il DigitaLaw Department recentemente costituito presso il CUIRIF, e con la collaborazione scientifica dello Studio Legale Lisi, strutturerà percorsi di ricerca e formazione per garantire un solido e consapevole sviluppo di queste nuove professionalità indispensabili per presidiare con successo i nuovi mercati digitali.