L’Avv. Andrea Lisi interviene nel suo Blog di Huffington Post per “sgombrare il campo” dagli equivoci accumulati in queste ultime settimane sulla questione Immuni.
Il Regolamento europeo 679/2016 non si preoccupa infatti della “privacy” delle persone fisiche, al contrario: l’obiettivo primario è di proteggere i dati personali che altri trattano, favorendone la libera circolazione in maniera corretta, integra e coerente.
Ecco perché i tanti dubbi su Immuni sono, prima di tutto, di natura metodologica.
GDPR e contact tracing
È ai principi del GDPR che si fa spesso riferimento per porre l’attenzione sulle regole che un sistema di tracciamento di prossimità dovrebbe rispettare. Sono le strategie, i metodi di utilizzo, il contesto di sviluppo a rendere una tecnologia utile oppure totalmente inutile e quindi potenzialmente pericolosa.
Un approccio serio e approfondito dovrebbe interessare tutti ed essere portato avanti anche da chi sostiene che, a determinate condizioni, questa applicazione possa essere realmente utile per il contenimento del virus.
Immuni è l’unica opzione?
In mancanza di evidenze tecnologiche (basate ovviamente su una profonda verifica sulla protezione dei dati personali trattati) che ci rassicurino sulla capacità di Immuni di garantire determinate condizioni (rendere i dati certi, integri, quindi non modificabili da terzi, e da cancellare in modo sicuro alla fine dell’emergenza), basare una strategia di contenimento della pandemia su un meccanismo potenzialmente manipolabile, appare davvero una follia.
L’alternativa c’è: accantonare tale pretenzioso progetto che va ben al di là degli interessi nazionali.
Vediamo i punti ancora oscuri del “progetto Immuni”. Consulta l’articolo completo direttamente da qui