L’Avv. Andrea Lisi e la dott.ssa Francesca Cafiero intervengono sulle pagine di Agendadigitale.eu per commentare un recente fatto di cronaca di incredibile gravità. Si tratta della notizia del rinvio della sentenza del processo Eternit Bis a Torino, a causa di una chiavetta USB vuota. Il supporto sul quale si trovavano il 90% degli atti è risultato inservibile, quindi il processo è stato rinviato.
Il caso di inaudita gravità denuncia come la PA e in particolare il ministero della Giustizia, sia incapace di rispettare leggi e regole – su conservazione, security e privacy – danneggiando il patrimonio informativo di tutti i cittadini.
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Oltre il soluzionismo tecnologico
La digitalizzazione, infatti, è una delle “missioni” del PNRR e sono diversi gli elementi che punta ad accelerare per l’innovazione, ma come ribadito più volte, la soluzione per arrivare a una PA digitale non è (solo) la tecnologia da sviluppare. Non sono le chiavette USB oggi, non saranno gli ologrammi, un domani. Sono, ancora una volta le risorse umane e, quindi, le competenze da sviluppare, a rappresentare la chiave di (s)volta.
Questo caso dovrebbe offrirci invece l’opportunità per spingerci oltre la tendenza al “soluzionismo tecnologico” trovando delle risposte che siano più ampie. E il Paese meriterebbe di conoscere i soggetti (quelli veri) autorizzati ad occuparsi della “digitalizzazione”, perché sono le persone a dover essere al centro di questa rivoluzione e non gli applicativi o peggio ancora i supporti.
La Giustizia italiana è in grado di rendere affidabile la sua memoria?
La Giustizia italiana è oggi in grado di assicurare al proprio patrimonio informativo digitale imputabilità giuridica, integrità, certezza e sicurezza ai dati processati e anche il mantenimento nel tempo in forma autentica a tali informazioni di rilievo giuridico, storico e archivistico? In tutti questi anni qualcuno deve aver pensato che è meglio non applicarle affatto regole così fastidiose e stringenti, lasciando la gestione e conservazione dei fascicoli processuali al caso (o quasi)! Del resto, la regolamentazione tecnica di questo delicatissimo settore è rimasta in mano esclusivamente al Responsabile dei Sistemi Informativi del Ministero della Giustizia.