Contagio sul luogo di lavoro: quali responsabilità per il datore? I chiarimenti del Garante

La lenta ripresa delle attività procede di pari passo con il dibattito sull’obbligatorietà dei test sierologici sul luogo di lavoro.

Il datore, quindi, può somministrare direttamente i test per il Covid-19 ai propri dipendenti? E secondo quali modalità? E ancora, quali aspetti occorre considerare nel promuovere screening sierologici nei confronti di lavoratori?

A queste domande rispondono le Faq pubblicate sul sito del Garante in data 14 Maggio 2020. L’Autorità fornisce alcune indicazioni utili per un corretto trattamento dei dati personali nei contesti lavorativi pubblici e privati, chiarendo i presupposti per l’effettuazione dei test sierologici per il Covid-19.

In particolare, nell’ambito del sistema di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro o con l’adozione di protocolli di sicurezza anti-contagio, il datore può richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente o da altra autorità sanitaria, in base alla disciplina normativa relativa all’emergenza epidemiologica.

Solo il medico del lavoro può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici e consigliare altri mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, tenendo sempre conto della loro affidabilità e appropriatezza, nell’ambito della sorveglianza sanitaria (par. 12 del Protocollo condiviso tra il Governo e le Parti sociali aggiornato il 24 aprile 2020).

 

I chiarimenti del Garante

Secondo l’Autorità Garante le informazioni contenute nella diagnosi del lavoratore non possono essere trattate dal datore. Quest’ultimo può però accedere al giudizio di idoneità del lavoratore rispetto alla mansione svolta e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire dopo l’accurata indagine sanitaria.

Le visite e gli accertamenti, anche ai fini della valutazione della riammissione al lavoro del dipendente, devono essere attuati dal medico competente o da altro personale sanitario, sempre nel rispetto delle disposizioni generali (che vietano al datore di lavoro di effettuare direttamente esami diagnostici sui dipendenti).

 

Gli Screening sierologici

La partecipazione alle campagne di screening promosse dai Dipartimenti di prevenzione regionali, per particolari categorie di lavoratori a rischio di contagio da Covid-19, come operatori sanitari e forze dell’ordine, può avvenire solo su base volontaria. Quindi, solo ove vi è il consenso da parte del lavoratore.

I risultati possono essere utilizzati dalla struttura sanitaria che ha effettuato il test per finalità di diagnosi e cura dell’interessato e per disporre le misure di contenimento epidemiologico previste dalla normativa attualmente in vigore (ad esempio l’allontanamento dal luogo di lavoro).

 

La riammissione nel luogo di lavoro del dipendente

Oltre alla possibilità di aderire liberamente alle campagne di screening regionali, il datore può offrire ai propri dipendenti, anche sostenendone in tutto o in parte i costi, l’effettuazione di test sierologici presso strutture sanitarie pubbliche e private (es. tramite la stipula o l’integrazione di polizze sanitarie ovvero mediante apposite convenzioni con le stesse).

 

La Responsabilità del datore di lavoro

Tutte le imprese hanno il dovere di rispettare la normativa per tutelare i propri dipendenti. L’infezione da Covid-19 secondo il Decreto Legge n. 18 del 17 marzo 2020 all’articolo 42 comma 2 e la circolare Inail n. 13 del 3 aprile 2020 riportano l’infezione da nuovo Coronavirus all’interno delle coperture Inail.

Per quanto concerne, quindi, l’infezione durante l’orario di lavoro dovuta a mancata osservazione delle regole implica una responsabilità civile e penale. La semplice mancata osservanza delle norme di prevenzione sarebbe sufficiente a determinare in capo al datore di lavoro una responsabilità penale nel caso di un dipendente che affermi di aver contratto la malattia (anche rimanendo asintomatico) sul luogo di lavoro.

Il datore che non osserva le norme antinfortunistiche, infatti, è punibile ai sensi dell’articolo 40 c. 2 c.p. ossia di reato omissivo improprio, o reato commissivo mediante omissione.

 

Conclusioni

I chiarimenti dell’Autorità Garante hanno tutelato quei dati talvolta richiesti, in misura sproporzionata, dai datori di lavoro. Dall’altra parte, però, ci si chiede se poi il datore  troverà una opportuna tutela nella normativa, un po’ confusa, attualmente in vigore.