L’uso delle “tecnologie” non costituisce una novità per la maggior parte dei lavoratori. Smartphone, pc e tablet (spesso in dotazione aziendale) sono parte integrante della “normalità” di molti. Dunque come ha fatto il “lavoro a distanza” a sconvolgerci?
Si tratta di un cambio di modalità. La situazione di “emergenza” ha messo a dura prova migliaia di lavoratori, spesso “costretti” a essere reperibili non-stop. L’essere “sempre connessi” sembra non avere ripercussioni positive sulla qualità del lavoro, né sulla salute del lavoratore, per non parlare delle conseguenze sulla sfera privata.
Il lavoro “agile”: uno sguardo alla normativa
Il lavoro agile trova spazio nel nostro ordinamento con la Legge n. 81 del 22 maggio 2017 recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”.
Precisamente all’art. 18 si incontra la definizione di “lavoro agile”: modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato (stabilita mediante accordo tra le parti) anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.
La prestazione lavorativa può essere eseguita in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno, senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Dunque, secondo quanto previsto dall’articolo 18, ci sarebbero da rispettare un limite di orario, sia giornaliero, che settimanale. Mentre il datore di lavoro rimane responsabile “della sicurezza e del buon funzionamento” degli strumenti tecnologici “assegnati al lavoratore” per tutto lo svolgimento dell’attività lavorativa. (art. 18, c. 2).
Il contributo di AgID: le regole da seguire per uno smart working sicuro
Sul tema della sicurezza, la stessa Agenzia per l’Italia Digitale ha pubblicato, nel mese di marzo, un vademecum di raccomandazioni rivolto ai dipendenti pubblici che hanno adottato la modalità di lavoro agile, al fine di aiutarli a utilizzare in modo sicuro i propri dispositivi personali.
Lavoro agile ed emergenza sanitaria: gli incentivi del Governo
Le recenti disposizioni emanate dal Governo hanno contribuito a rendere più efficace l’attuazione del lavoro agile. Dunque attualmente, il quadro normativo di riferimento, oltre alla già citata L. 81 del 2017, è caratterizzato dai DPCM (8 e 11 marzo 2020 in attuazione del DL 6/2020) dal Decreto “Cura Italia” (DL 18/2020) e dal recente DPCM del 26 aprile 2020 (quest’ultimo in vigore dal 4 maggio).
Le disposizioni sono volte ad incentivare l’uso della modalità del lavoro agile per le imprese limitatamente al periodo dell’emergenza sanitaria.
Ad esempio l’art 1 comma 1 lett.gg) del Dpcm del 26 aprile 2020 prevede che, fermo restando quanto disposto dall’art. 87 del D.L 18/2020 per i datori di lavoro pubblici[1], la modalità di lavoro agile può essere applicata anche in ambito privato a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza degli accordi individuali previsti. Restano fermi gli obblighi informativi (di cui art. 22[2] della legge 81/ 2017), che sono assolti in via telematica anche ricorrendo alla documentazione resa disponibile sul sito dell’INAIL.
Il DPCM dell’11 marzo 2020 all’ art 1 comma 7 lett. a) prevede che venga attuato il massimo utilizzo da parte delle imprese di modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o a distanza.
Direttiva 3/2020 sul lavoro nelle Pubbliche Amministrazioni
Con la recente Direttiva n.3/2020, il Ministro per la pubblica amministrazione ha dettagliato le modalità di svolgimento della prestazione lavorativa all’interno della PA, in previsione dell’evoluzione della situazione di emergenza nazionale.
Nello scenario attuale la disciplina normativa applicabile alle pubbliche amministrazioni continua a rimanere quella contenuta nell’articolo 87 del Decreto Cura Italia, che definisce il lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa.
Sostanzialmente la sfida che dovranno affrontare le amministrazioni è rappresentata dalla necessità di rendere il lavoro agile lo strumento primario per il potenziamento dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione amministrativa.
Da alcune analisi che Dipartimento della funzione pubblica ha avviato è emerso come il settore pubblico abbia saputo reagire con prontezza all’emergenza, ricorrendo ampiamente alla modalità “agile”.
Conclusioni
È pur vero che “staccare la spina” risulta difficile, se non impraticabile, per molti lavoratori, poiché la modalità smart può spesso essere “confusa” da datore e lavoratore con la reperibilità non-stop. Tuttavia sono innegabili i vantaggi che questa modalità ha introdotto nel nostro Paese, sia per il contrasto dell’epidemia, che per lo “svecchiamento” di alcuni modelli ancora ben radicati, nel settore pubblico (e privato).
Affinché questa modalità possa continuare a funzionare pienamente è necessario che il lavoratore sappia regolare la propria “disponibilità incondizionata”, per non rendersi vittima inconsapevole di un’abitudine che può risultare dannosa nel lungo periodo.
Esistono dei limiti che consentono di regolare appropriatamente questa modalità, che deve essere gestita tutelando il lavoratore e non invece vincolandolo alla facilità di utilizzo degli strumenti.
[1] L’art 87 del DL 18/2020 prevede che : fino alla cessazione dello stato di emergenza epidemiologica da COVID-2019, (…)il lavoro agile e’ la modalita’ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa nelle pubbliche amministrazioni;
[2] L’art 22 prevde che il datore di lavoro debba fornire un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalita’ di esecuzione del rapporto di lavoro.