L’anno che verrà tra intelligenze artificiali e cervelli sempre meno naturali

Il 2023 potrà essere definito davvero l’anno dell’intelligenza artificiale? O forse lo sarà il 2024? Giunti al termine di un anno denso di novità normative in materia di innovazioni tecnologiche, risulta spontaneo porsi una delle domande che già sembra fondamentale per il nostro futuro digitale, continuamente soggetto a cambiamenti, come quelli rappresentati in passato dall’avvento di Internet, del Web e del Social Web che hanno contribuito a renderci liberi ma allo stesso tempo prigionieri.

L’Avv. Andrea Lisi ha voluto riflettere su quanto accaduto nel 2023 sulle pagine del suo Blog ospitato da Il Fatto Quotidiano e su cosa dobbiamo aspettarci dall’“anno che verrà”, con l’augurio di non mettere mai da parte le nostre intelligenze umane.

“Caro Amico, Lei ti scrive, così io mi distraggo un po’…”

La nota canzone di Lucio Dalla, o la sua versione riveduta e corretta se fosse stata scritta nel 2023 con l’Intelligenza artificiale, può offrirci il primo curioso spunto di riflessione: di IA se n’è parlato tanto, tra disamine continue, distopie e suggestioni dovute al suo innegabile fascino, coinvolgendo anche figure di spicco inaspettate come quella di Papa Francesco, il quale ha voluto anch’egli riflettere sull’argomento, non nascondendo alcuni turbamenti. Le tecnologie hanno da sempre “sconvolto” le nostre quotidianità, eppure le loro integrazioni sono state, nel tempo, inevitabili e naturali. Non vi è dubbio che lo stesso avverrà anche con l’intelligenza artificiale, la quale non dovrà essere considerata una “coscienza autonoma e artificiale” ma un insieme di differenti tecnologie in grado di gestire enormi quantità di dati e informazioni.

Per il 2024 auguriamoci di continuare a usare il cervello

A prescindere da quali saranno le prossime novità tecnologiche e i conseguenti risvolti, ciò che dobbiamo augurarci per il nuovo anno è una gestione affidabile delle fonti, come ci ricorda Umberto Eco, da parte di intelligenze che siano in grado di selezionarle e verificarle. Perché il pericolo più grande che potremmo correre è quello di assuefarci alle ripetizioni e agli automatismi offerti dall’IA, tanto da disabituarci del tutto dall’uso del nostro “cervello naturale”, quello che al momento ci serve di più per proteggerci da noi stessi.

L’articolo è apparso su Il Fatto Quotidiano: