Down di Microsoft: è data breach. Cosa fare per contrastare le fragilità del web

Può un malfunzionamento bloccare il mondo intero? È ciò che è accaduto nella mattinata di oggi con il grave di down di Microsoft che ha bloccato interi sistemi informatici su scala globale e provocato gravi interruzioni anche all’interno di banche, media e compagnie aeree. 

Nonostante le varie ipotesi, più o meno certe, su ciò che ha determinato il down, non vi sono dubbi sul fatto che quanto successo sia qualificabile come data breach, ovvero – come stabilito dal GDPR – una qualsiasi “violazione di sicurezza che comporta accidentalmente o in modo illecito la distruzione, la perdita, la modifica, la divulgazione non autorizzata o l’accesso ai dati personali trasmessi, conservati o comunque trattati”. E che comprende, anche, l’indisponibilità temporanea dei dati.

Lo ha confermato l’Avv. Andrea Lisi in un nuovo intervento sul suo Blog ospitato da “Il Fatto Quotidiano”.

Il paradosso dietro il malfunzionamento

Si dice che il down sia stato causato da un errore di configurazione del software di cybersicurezza “Crowdstrike” che, almeno teoricamente, dovrebbe aiutare a prevenire eventuali violazioni di sicurezza. Siamo quindi davanti ad una contraddizione in termini che non può che aggravare la già delicata situazione che coinvolge la Big Tech, ormai padrona incontrastata dei nostri destini digitali e oggi, più che mai, anche della nostra quotidianità.

Trasparenza, regole e consapevolezza per contrastare le vulnerabilità del web

È ormai evidente come i (pochi) grandi player del web abbiano il potere di vita o di morte su di noi. Un allarme lanciato ormai da tempo e che deve spingerci a riflettere ma soprattutto ad agire in difesa dei nostri diritti e libertà fondamentali. Priorità, dunque, a trasparenza informativa, regole chiare, rigide e precise e alla massima consapevolezza per evitare di incappare in nuove violazioni, capaci di tenere in pugno le nostre vite.

 

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