Web Analytics Italia e il mito della sovranità digitale: il commento dell’Avv. Andrea Lisi

Google Analytics, Monitora PA e Web Analytics Italia sembrano essere vicende lontane ma che ancora smuovono i terreni della digitalità: AgID è ora al centro del dibattito a causa del servizio statale italiano Web Analytics Italia venduto come libero da piattaforme straniere ma che in realtà si è scoperto appoggiarsi ad Amazon per garantire il funzionamento della piattaforma ed uno stabile afflusso di dati.
Il controverso rapporto con i cd. “GAFAM” sembra ancora allontare il sogno di un’effettiva sovranità digitale, come confermato anche da alcune nomine del passato, tuttavia una soluzione è ancora possibile e ne ha parlato l’Avv. Andrea Lisi in un’intervista rilasciata sulle pagine di Matrice Digitale.

Quel paradosso chiamato Web Analytics Italia

Per ovviare al problema di Google Analytics, utilizzato in Italia dalla Pubblica Amministazione per il monitoraggio dei propri dati, e per rispondere agli incessanti episodi di attivismo digitale da parte di Monitora PA, l’Agenzia per l’Italia digitale (AgID) ha messo appunto un servizio statale apparentemente libero da piattaforme straniere ma che in poco tempo ha svelato l’inganno: Web Analytics Italia, per garantire un corretto funzionamento e l’afflusso dei dati, ha infatti dovuto appoggiarsi ad un colosso dei servizi digitali come Amazon, confermando come il rapporto con i GAFAM sia un labirinto senza uscita, aggravato da alcune nomine del passato che hanno contribuito a complicare una situazione già compromessa.

L’alternativa: regolamentare le piattaforme e maggiore cultura

L’Avv. Andrea Lisi è intervenuto per commentare una situazione ancora spinosa: “L’Europa ha fallito per anni, consentendo a queste grandi piattaforme di poter agire indisturbate per troppo tempo in una acquisizione sempre più importante di fette di esistenza sempre più profilate che ci riguardano; questo sonno profondo europeo ha finito così per consegnare lo spazio cibernetico dei suoi cittadini nei voraci ed enormi tentacoli di società presenti fuori dai confini territoriali europei”. “Bisogna individuare nella sovranità digitale una strada da percorrere a livello europeo, ma è altrettanto opportuno governare in modo ancora più incisivo gli ambienti cibernetici ad oggi così esposti ai poteri di Big Tech targate USA e questo deve inevitabilmente portarci a risolvere in modo equilibrato una questione anche di natura politica con i  nostri storici alleati Oltreoceano”. […]
Tuttavia è ancora possibile pensare ad un’alternativa: “La soluzione al problema della sovranità digitale è quella di incidere normativamente su queste piattaforme continuando a utilizzare la gabbia dei loro servizi, ma decidendo noi le regole attraverso sanzioni e ricatti normativi che le inviteranno con l’arma nobile del diritto ad avvicinarsi sempre più ai paradigmi imposti dal GDPR (e non solo quello) in modo tale che venga tutelato l’unico diritto che oramai possiamo davvero giocarci sui nostri dati, la circolazione degli stessi in modo rispettoso ed informare allo stesso tempo i cittadini su come vengono trattati i loro dati e sul loro reale valore”.

Immagine di copertina: Pexel.com