Green Pass: arriva il regolamento UE

Arriva la firma finale delle istituzioni Ue sul regolamento che istituisce il certificato digitale Covid Ue, noto anche come digital green pass, per facilitare gli spostamenti all’interno dell’Unione e contribuire alla ripresa economica.

Di cosa si tratta

Il Pass sarà valido a partire da quattordici giorni dopo l’ultima dose di vaccino anti-Covid e anche per le persone guarite da Covid-19 e che hanno ricevuto una sola dose di vaccino, considerata sufficiente per essere protetti dalla malattia.

Un Paese può riconoscere sufficiente e rilasciare il Pass anche dopo la prima dose, ogni Stato Membro sul punto ha piena autonomia; ciò significa che l’Italia può rilasciare il Pass dopo la prima dose, ma altro Stato Membro potrebbe non riconoscerlo e richiedere il test al cittadino europeo.

Per chi non è vaccinato né guarito, allora resta il test, che il pass certifica e che viene così riconosciuto anche all’estero, a differenza di ciò che accade oggi. Per i test è previsto un periodo di validità (oggi ogni Paese stabilisce la validità autonomamente): per i test Pcr o molecolari la validità è di 72 ore, mentre per quelli rapidi antigenici è di 48 ore.

A tal proposito, la Commissione europea ha stanziato 100 milioni di euro per sostenere gli Stati Membri a dotarsi di test rapidi e abbassarne, quindi, il prezzo. Lo scopo dovrebbe essere quello di contribuire alla ripresa economica e non può esserci ripresa con aggravio di spese a danno dei cittadini.

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Il Garante della privacy e la certificazione verde

Il Garante per la protezione dei dati personali, a seguito di lunghe interlocuzioni con il Ministero della salute, ha dato parere favorevole sullo schema di decreto attuativo che dovrebbe attivare la Piattaforma nazionale-DGC per il rilascio del green pass, prevedendo, però, delle indicazioni per il via libera al green pass.

L’ Autorità Garante ha già ricordato la necessità di individuare con chiarezza, in sede di conversione in legge del decreto, i casi in cui può essere chiesto all’interessato di esibire la certificazione verde per accedere a luoghi pubblici.

Il Garante ha sottolineato, inoltre, che anche il Regolamento europeo sul green pass, appena sottoscritto, prevede che lo stesso possa essere utilizzato dagli Stati membri per finalità ulteriori, rispetto agli spostamenti all’interno dell’Ue, ma solo se ciò è espressamente previsto e regolato da una norma nazionale.

In particolare, il Garante ha chiesto chiarezza sulle finalità per le quali potrà essere richiesto il green pass che dovranno, obbligatoriamente, essere stabilite con una norma di rango primario. Inoltre, la norma dovrà prevedere che le certificazioni possano essere emesse e rilasciate solo attraverso la Piattaforma nazionale-DGC e verificate esclusivamente attraverso l’App VerificaC19. Tale app dovrà essere l’unico strumento in grado di garantire la validità della certificazione verde, in conformità ai principi protezione dei dati personali, garantendo, inoltre, che i verificatori possano conoscere solo le generalità dell’interessato, senza visualizzare le altre informazioni presenti nella certificazione (guarigione, vaccinazione, esito negativo del tampone).

Conclusioni

Alcuni dubbi permangono. Se uno Stato membro accetta una prova di vaccinazione per rimuovere le restrizioni all’interno dopo la prima dose, allora deve accettare anche i pass Ue per i vaccini, alle stesse condizioni. Risulta privo di quella logica europea per cui gli Stati membri potrebbero, comunque, non accettare un pass con la sola prima dose vaccinale; se vi fosse un Regolamento dovrebbe essere uniforme per tutti gli Stati Membri e far in modo che la normativa nazionale sia adeguata al recepimento dello stesso.

Inoltre, il Garante ha autorizzato l’uso dell’App Immuni per recuperare il green pass ed anche questo aspetto desta non poche perplessità attesa la lunga e complessa questione della protezione dei dati personali, già affrontata, all’inizio della pandemia in riferimento a tale App.

Occorre tener conto delle indicazioni data dall’Autorità in merito al blocco dell’AppIO per cui al fine di tutelare i diritti e le libertà degli interessati il Garante è intervenuto con un provvedimento che impone a PagoPA, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. f), del Regolamento, la limitazione provvisoria dei trattamenti effettuati mediante l’App IO che prevedono l’interazione con i servizi di Google e di Mixpanel.

Infine, l’aspetto forse più preoccupante è quello del rispetto del principio della minimizzazione dei dati per cui i verificatori dovrebbero conoscere solo le generalità dell’interessato e non anche altri dati quali vaccinazione o eventuale guarigione; in tal senso ci si augura un approccio concreto anche da parte di tutte le istituzioni per garantire il giusto contemperamento tra un diritto fondamentale quale quello della libera circolazione e il diritto alla riservatezza.