Dichiarazioni comode di un’emergenza. Quando le app…arenze ingannano

Lasciatemi cantare…

Chiusura delle attività e restrizioni per la mobilità delle persone tra le misure anti COVID -19. I cittadini, accomunati da un solo hashtag #iorestoacasa, aprono i balconi d’Italia ai flashmob nazionali intonando l’inno di Mameli e altri successi senza tempo.

Tante le iniziative per far fronte al momento particolare, per fermare i contagi attraverso la solidarietà.
A vetri chiusi, però, le città diventano mute e le strade hanno il fiato sospeso per quanti, costretti a muoversi, dovranno giustificarne i motivi innanzi agli organi di controllo.
Molti i dubbi di interpretazione e le variabili discusse per geografia, contraddizioni nei comportamenti da allineare su un piano politico e giuridico in nome di una eccezionalità certamente nuova a cui l’emergenza costringe.
Nonostante la prova si possa già dire assolta per la maggioranza in fatto di senso civico, le statistiche, tuttavia, ci presentano un numero crescente di denunce trasmesse dalle forze dell’ordine nei confronti dei dichiaranti controllati.

Tu chiamale se vuoi autocertificazioni.

L’attenzione è alta da parte dei cittadini che giocano un ruolo fondamentale nella partita contro il proliferare dell’infezione.
In tema di autocertificazioni per gli spostamenti, restrizione inevitabile adottata dal nostro governo con decreto dello scorso 11 marzo, è opportuno rinviare qui alle precedenti riflessioni utili in fatto di corretta applicazione delle procedure al fine di considerare gli aspetti di diritto, ma anche le opportunità e le risposte possibili per fronteggiare l’emergenza.
Gli aspetti affrontati solo pochi giorni fa restano un valido spunto per interrogarsi sul modus operandi della nostra Pubblica Amministrazione che si è blindata dietro castelli di carta per curare il flusso delle autocertificazioni generate dal CO-VID – 19.

Atto terzo. Restyling al Viminale

Dopo un primo e secondo modello di dichiarazioni siamo giunti all’atto terzo.
In poche ore le versioni precedenti si sono rinfrescate il trucco lavorando di correttore sui difetti più appariscenti per presentarsi ai cittadini rinnovate in un continuo cambio look.
L’autocertificazione più fresca è quella del 17 marzo 2020 il cui testo appare integrato con la dichiarazione rimessa ai cittadini di non essere in quarantena né di essere risultati positivo al COVID -19. Solo per questa terza versione è stato chiarito che la firma dell’agente accertatore è indispensabile ai fini dell’identificazione dei soggetti controllati poiché, diversamente, sarebbe stato necessario allegare un documento personale del dichiarante. Questa la fotografia al momento. Il documento è scaricabile on line dal sito del Viminale in sostituzione delle altre due versioni anteriori.

Potrà dirsi un lavoro perfetto? Vedremo se gli ultimi ritocchi reggeranno ai riflettori puntati 24 ore su 24 sulla nostra bella Italia.
Intanto, considerato che il modello, di volta in volta, si allontana dal prototipo di un atto dichiarativo per autocertificare, va fortemente criticata la costante e irragionevole opacità usata nell’informazione passata ai cittadini sulla natura del documento e ciò, proprio a causa del fatto che nella sostanza sia altro da un’autocertificazione sic et sempliciter, sarebbe coerente ricordarlo anche nella forma.

Le perplessità restano invece per la mancata previsione, anche in quest’ultimo intervento, di formare il documento in doppio originale così da avere un modulo per il dichiarante e uno per le forze dell’ordine.
Ormai è lampante che i documenti in questione della natura di “autocertificazioni” hanno soltanto lustrini e paillettes di facciata, ma la loro parentela si stringe intorno alle dichiarazioni sostitutive ex art. 47 del DPR 445 del 2000.
Attenzione: sempre che non contengano espliciti riferimenti a renderle (anche) autocertificazioni sanitarie! Perché diversamente in quel caso scatta il divieto espresso previsto all’art. 49 del DPR 445 del 2000. Come la mettiamo con la firma dell’addetto di polizia? La firma diventa obbligatoria e fa cambiare la natura dell’atto?

Ogni make-up artist ha i suoi segreti, ma le sbavature di diritto reclamano pronti e decisivi interventi dal mondo giuridico per restituire luminosità incondizionata a beneficio di ogni pelle.

Colpo di scena e la carta va a rotoli!

Il bello del diritto è senza trucco e senza inganno. Ma potrebbe essere “senza carta”?

In tanti in questi giorni si sono lamentati non solo per la restrizione negli sposta-menti, ma pure per le modalità richieste per adempiervi. Nell’aria si avverte un placet unanime a favore di una soluzione pratica che preservi il cittadino da ogni disparità ricondotta a possibilità diverse in fatto di tecnologia e/o ad abilità differenti da persona a persona. In più, occorre una soluzione che al tempo stesso alleggerisca la mole di lavoro che grava sugli agenti preposti alle operazioni di Polizia oggi più che mai oberati di lavoro.
Sarebbe stata possibile una soluzione smart? Sì, ovviamente.

Eliminando la carta e gestendo le autocertificazioni attraverso una soluzione esclusivamente digitale con le leggi già vigenti nel nostro Paese come si evince bene in un recente articolo a firma dell’Avv. Andrea Lisi.

Sul tema, frattanto che le nostre istituzioni erano distratte, ci ha pensato un informatico di un call center ad immedesimarsi nei disagi dell’una e dell’altra parte per riuscire a risolverli con una soluzione pratica accessibile a mezzo smartphone.

Ed ecco l’idea “principe” galoppare sulle note di “Azzurro” con un app al bacio per una PA bella addormentata sul balcone. Soluzione perfettamente riuscita a un programmatore pronto a tagliare corto con le storie di carta e a dare all’emergenza una lettura digitale.

Morale della favola?

Una web app piovuta dal cielo (di Cagliari, per l’esattezza) gratuita e fruibile per tutti, che sfonda una porta aperta sull’utilità del digitale.
Anche questa rivisitata, corretta e migliorata nelle funzioni e aggiornata all’ultimo modello al punto che “ora ha un pulsante ad hoc anche per le forze dell’ordine” riporta il titolo dell’articolo che ne racconta tutti i lati positivi.
I cittadini possono presto risolvere la seccatura di stampare e compilare e, ancor di più, le forze dell’ordine con la possibilità di fare una scansione del documento tra smartphone. Sarà semplice per gli agenti richiamarsi il certificato del privato dalla lista dei documenti acquisiti e, parimenti, sarà possibile per il cittadino ritrovare il suo pdf completo delle operazioni di controllo con i riferimenti dell’ accertatore che vi ha provveduto. La notizia è apparsa sul web, ma al momento non vi è traccia di un’approvazione formale da parte delle istituzioni per la fruibilità del servizio.

Ma di cosa si tratta? Resta un servizio del tutto privato riconducibile a un privato cittadino. Un servizio gratuito di autocertificazione in vigore che sembrerebbe aver registrato addirittura l’utilizzo da parte di 69.000 utenti a meno di 24 ore dall’apertura.
Contrariamente all’acquisizione del modello cartaceo che avviene nella contestualità delle operazioni di controllo e, dunque, eventualmente, laddove ne venga fatta espressa richiesta al cittadino, solo in questa modalità digitale il dichiarante ha la facoltà avvalersi di un inoltro preventivo e spontaneo del documento (che, si ripete, non risulta prescritto per norma).
Allo stile già discutibile di un’autocertificazione ufficiale si aggiunge il profumo di un’autodenuncia ufficiosa.

Pronti. App. Via.

Cos’è una web app? Un programma informatico che non è sul telefono come tutte le altre app che si scaricano e si usano, ma a cui bisogna accedere attraverso la navigazione diretta a un link con indirizzo ip.
Per utilizzarla i cittadini dovranno accedere al sito internet indicato che mette a disposizione il servizio per creare il proprio documento, cedendo inevitabilmente i propri dati personali necessari alla compilazione dell’autocertificazione.
Senza appassionarci troppo per la totale assenza di riferimenti ad enti certificatori preposti alle operazioni di validazione dell’atto informatico (che è nativo digitale) e sorvolando sulle problematiche in tema di server e archiviazioni, nonché in merito alle notificazioni che il sistema prevederebbe nei confronti degli organi di polizia, resta da mettere in discussione e chiarire l’aspetto gravissimo dell’acquisizione dei dati personali.
E al di là della presenza o meno di un trattamento corretto che possa dirsi rispettoso delle leggi e delle vigenti normative in materia di GDPR, qui manca innanzitutto il senso logico e ogni fondamento secondo diritto a poter legittimare un singolo – al momento ufficialmente non autorizzato – ad un trattamento di dati personali su cosi larga scala in evidente e assoluta mancanza di uno dei presupposti che la legge richiede specificamente come essenziale e individua nella c.d. “base giuridica” del trattamento dei dati personali.
Come si potrà agevolmente osservare la voce “base giuridica” a giustificazione del trattamento dei dati non viene riportata nemmeno nella “privacy policy” offerta sulla pagina dell’indirizzo di cui alla web app in questione proprio per-ché i presupposti sono del tutto assenti e, dunque, inesistenti.
Il titolare del trattamento indicato raccoglie, conserva, invia i dati con un ringraziamento esplicito al server.

Andrà tutto bene?

Resta il dubbio se i 69.000 utenti che ad oggi pare abbiano preferito la web app di AutocertificazioneSpostamenti.it  al documento di carta l’abbiano fatto anche consapevolmente.
Non si comprende proprio perché in un momento di così grande difficoltà, ma anche di grande partecipazione e altruismo le azioni, magari compiute in totale buona fede, non possano e debbano avviarsi secondo correttezza magari mettendo a disposizione l’app sviluppata e dotandone gli organi istituzionali per l’utilizzo più appropriato e i conseguenti vantaggi anche a beneficio diretto dei cittadini.

Volendo affrontare il caso di specie da un altro punto di vista e a ben considerare la libertà di ciascuno a fruire di un servizio gratuito, messo a disposizione sul web, pronto all’utilizzo come facilitazione alla burocrazia di questi giorni, anche a costo di dover cedere i propri dati personali con la pace di una buona consapevolezza, altrettanto chiare saranno le conclusioni a disincentivare, senza dubbio alcuno, operazioni di una portata così significativa concentrata nelle mani di un singolo che, inverosimilmente, si ritroverebbe in possesso una banca dati degna di una pubblica autorità.
A conforto di tanti dubbi un chiarimento da parte della Polizia di Stato e sarebbe di conforto leggere il parere dell’Autorità Garante per la protezione dei dati in merito.

Un destino sospeso

Notizia del giorno apparsa sul sito AutocertificazioneSpostamenti.it è l’autosospensione del servizio. Una decisione di opportunità presa dopo la pronuncia della Polizia di Stato che si era espressa in queste ultime ore.
Tra le righe si ribadisce il rispetto alle normative e alle politiche GDPR – una sorta di autoverifica sulla conformità – e si annuncia un ulteriore trattamento ai fini della cancellazione dei dati predisposto e fissato per la data odierna 19 marzo 2020 ore 19:00.

Tutto con un chiaro e coraggioso sentimento di “autoapprovazione” perché è ovvio che anche l’operazione di cancellazione rimane, senza dubbio, un trattamento che richiede espressa autorizzazione dell’interessato.
L’app si autosospende e anche i diritti vanno in quarantena?
Servirebbe anche un grande “autocontrollo” per continuare a pensare bene e, a maggior ragione, urge a questo punto l’attenzione del Garante sulla risposta giusta a tutela dei più o meno ignari cittadini.

Quale sarà il dress code digitale di un’Italia vestita di rosso?

Come intrappolata in uno specchio deformante apparirà un’Italia obsoleta, oziosa per stile, goffa nel portamento, soffocata in mille plissé di burocrazia. Un’Italia digitale che non sfila sulle passerelle dei tempi.

Un’emergenza non si presta ad essere un’occasione per destituire di significato gli organi preposti o per barattare un servizio con un potere.
L’assurdo è che le soluzioni che calzano a pennello per il nostro Paese ci sono già dall’entrata in vigore del CAD ma restano appese ormai da anni lasciando campo libero agli errori più comuni e agli erranti del digitale che dimostrano di non avere affatto la stoffa dei campioni. E i danni, naturalmente, non saranno solo estetici.

 

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Immagine di copertina: Dom J da Pexels