Come funzionerà l’App per tracciare i positivi? – Il focus dell’Avv. Andrea Lisi su Gente

L’app “Immuni” è stata scelta dal Governo per segnalare la mappa dei contagi. In che modo lo farà? È gratuita?

L’Avv. Andrea Lisi risponde a questi e ad altri interrogativi, spiegando il meccanismo del contact tracing che è alla base del funzionamento dell’applicazione che ci accompagnerà nel corso dell’attesa Fase 2, intervistato dal settimanale “Gente”.

Il focus dell’Avv. Andrea Lisi sul numero di “Gente” del 24 aprile

Il Governo italiano ha scelto “Immuni”, l’app per il tracciamento di prossimità via Bluetooth che dovrebbe aiutarci a passare alla agognata Fase 2. Immuni è stata progettata dalla Bending Spoons Spa, nota per lo sviluppo di app ludiche, in cooperazione con il Centro medico Santagostino e Jakala, realtà operanti rispettivamente nel settore sanitario e dei big data.In breve, si tratta di un sistema di contact tracing, che dovrebbe consentire ai suoi utilizzatori di sapere se sono stati in prossimità di positivi al virus.

Grazie all’uso della tecnologia Bluetooth, l’app è in grado di tracciare e memorizzare, tramite codici ID, i soggetti con i quali siamo entrati in contatto e, nel caso di positività, inviarci un alert. L’app potrà essere scaricata solo su base volontaria e funzionerà se i suoi utenti la useranno in modo consapevole, compilando e aggiornando un proprio diario clinico digitale, consentendo quindi al sistema di contribuire, su scala nazionale, alla prevenzione del virus.

Sono due i presupposti fondamentali: l’app dovrà essere scaricata da almeno il 60% della popolazione italiana e per verificare il nostro stato di salute ci dovrà essere una distribuzione di tamponi a tappeto sul suolo nazionale.

Il progetto è, quindi, molto ambizioso, difficilmente realizzabile e pone numerosi problemi di carattere giuridico. Prima di tutto c’è un problema di trasparenza: chi verrà a conoscenza dei nostri dati? Non ne abbiamo, ad oggi, alcuna evidenza, perché non sono chiari i rapporti contrattuali tra il governo italiano e le società coinvolte, che sono peraltro società private del mondo dei big data e del mondo sanitario, quindi potenzialmente interessate a quei dati.
Non conosciamo le caratteristiche tecniche della soluzione che dovrebbe essere fornita gratuitamente – ma spesso la gratuità nasconde un costo per gli interessati al trattamento – al governo italiano con licenza open source (che dovrebbe anche essere resa pubblica per garantirne un’evoluzione e un riuso ai fini di una maggiore sicurezza informatica).

Del resto, lo stesso consenso dei cittadini a scaricare Immuni, su cui si reggerebbe l’intera operazione rischia di essere un boomerang, perché risulterebbe in qualche modo “estorto” in quanto sembrerebbe che solo coloro che avranno scaricato l’app saranno liberi di muoversi.

Forse sarebbe stato preferibile a questo punto che l’app, se realmente utile, venisse imposta ex lege, ma con una serie di robuste garanzie in termini di trasparenza informativa, di presidio pubblico dei dati personali senza comunicazioni a terzi, con un innalzamento delle difese costituzionali e una forte attenzione all’interoperabilità e alla sicurezza della soluzione. Ma solo se abbiamo evidenza che sia realmente utile, altrimenti è meglio abbandonare questa idea, perché una tecnologia inutile e usata male può rivelarsi molto pericolosa.