di Enrica Maio
Siamo di fronte all’ennesima svolta innovativa lanciata dalla società californiana Facebook.
È recente la notizia che il social network di Menlo Park riconoscerà tutti i volti, anche quelli coperti, delle persone presenti in una foto postata sul social, anche se non specificamente taggati.
Sarà grazie a un algoritmo che Facebook riuscirà a scoprire “l’identità” del soggetto ritratto in una foto, un algoritmo che si basa su elementi come la corporatura, la postura e, addirittura, l’acconciatura. Dopo il riconoscimento facciale, il social network sincronizzerà e condividerà le foto con gli “amici” presenti nella foto stessa in modo automatico e privato.
È chiaro che se questa notizia da un lato è positiva e testimonia i successi, fino a 10 anni fa impensabili, raggiunti in ambito tecnologico, dall’altro molti dubbi rimangono circa la tutela della privacy degli utenti del social.
In particolare, il riconoscimento facciale da parte del social network americano ha scatenato non poche preoccupazioni in capo alle Autorità europee Garanti della privacy, tanto da vietare l’utilizzo in Europa di questa funzione e della relativa applicazione software da installare sui dispositivi per poter usufruire di questo servizio, proprio perché ritenute lesive di un diritto fondamentale dell’uomo, la riservatezza.
I legislatori europei concederanno l’utilizzo di questa nuova funzione – già attiva negli USA – solo se verrà offerta agli utenti una scelta basata su opt-in, ossia se sarà presente un’esplicita richiesta di consenso all’utente per l’impiego di tale servizio. Infatti, rispetto all’Europa negli USA sono molto meno rigide le norme sulla protezione dei dati personali, anche se, negli ultimi anni, stanno sorgendo nuove associazioni per la protezione dei dati digitali e per la tutela della privacy degli cybernauti.
Come si può ben ricordare, quando nel 2013 i Google Glass videro la luce nel mercato tecnologico mondiale si scatenarono molte polemiche e varie preoccupazioni. Anche il nostro Garante per la privacy, Antonello Soro, dichiarò che la messa online di dati personali senza il consenso degli interessati è sempre vietata; nello specifico, il pericolo è che un soggetto possa essere fotografato, riconosciuto e che, automaticamente, i suoi dati vengano sparsi sul web andando a compromettere e violare la sua privacy.
Ciò che serve, ha sempre affermato Soro, è un “salto di consapevolezza da parte dei fornitori dei servizi Internet, degli sviluppatori di software e degli utenti”. Speriamo che anche i social network si decidano presto a seguire questa linea.