MARCHI STG
E Napoli dovrà dire ancora grazie alla pizza napoletana…
A cura di Annalisa Spedicato – Studio Legale Lisi
E’ il riconoscimento conferito dalla Commissione Europea al prodotto napoletano più noto e amato al mondo, la pizza, a risollevare, un po’, lo stato d’animo e, forse, l’attuale economia dei cittadini partenopei.
Risale infatti a qualche giorno fa la notizia secondo cui l’UE ha definitivamente accolto la domanda di riconoscimento del marchio STG per la pizza napoletana, pubblicando sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee, il disciplinare di produzione, con cui l’Italia chiese nel 2004 la protezione della verace pizza napoletana.
La pubblicità della domanda di registrazione costituisce l’ultimo obbligo legale prima dell’iscrizione nel registro europeo che proteggerà la vera pizza napoletana contro contraffazioni e parodie.
Tutti gli Stati Europei, che fossero interessati, hanno sei mesi di tempo per presentare eventuali osservazioni o riserve a Bruxelles, secondo la procedura. Superato quel periodo la Commissione europea riesaminerà il fascicolo e, in assenza di opposizioni, lo approverà definitivamente.
“Siamo fiduciosi che il percorso intrapreso si concluderà felicemente – ha affermato il ministro De Castro – e che anche la pizza napoletana potrà fregiarsi del marchio Stg, così come è già avvenuto per la mozzarella, unico prodotto italiano ad avere fin qui ottenuto il marchio”. Il riconoscimento sarà valido in tutti i Paesi europei ma chi avesse intenzione di esporre il relativo logo per attestare di servire la vera pizza napoletana, dovrà necessariamente sottoporsi al severo controllo secondo i dettami del disciplinare.
La richiesta di protezione italiana è stata sostenuta dall’Associazione verace pizza napoletana e dall’Associazione pizzaioli napoletani. Il disciplinare per la indica i minuziosi dettami che è necessario seguire in tutte le fasi dalla preparazione e dall’impasto alla lievitazione, dalla formatura alla farcitura, fino alla cottura e alla conservazione.
Non è infatti facile fregiarsi del marchio STG (specialità tradizionale garantita).
Il marchio predetto è un marchio di origine, introdotto dalla comunità europea con il Regolamento CE 2082/92 e volto a tutelare le produzioni caratterizzate da composizioni o metodi di produzione tradizionale.
Quando un prodotto entra nell’immaginario collettivo e, in questo caso, nel gusto collettivo, come la pizza, diventa, secondo le regole di marketing, un prodotto star, ovvero un prodotto intramontabile. E’ a quel punto che proliferano le forme di contraffazione.
Questo meccanismo accade spesso in riferimento a prodotti, marchi d’azienda e domain name, e, allo scopo di garantirne la inimitabilità e l’originalità ed evitare, così, fenomeni di concorrenza sleale, si procede alla registrazione del marchio individuale in base alle regole del Codice di Proprietà Industriale- D.Lgs. 10 Febbraio 05 n. 30-. Il marchio di origine del tipo STG si fonda sulla stessa ratio cautelare: fregiarsi di un marchio collettivo allo scopo di scoraggiare produttori che non usano materie prime originali ed evitare così di confondere i consumatori.
Tuttavia, mentre la funzione giuridicamente tutelata del marchio individuale è tesa allo ius excludendi alios, ovvero a un esclusivo diritto d’uso del marchio, vantato dallo stesso titolare del marchio e che lo stesso titolare può concedere a terzi, il marchio collettivo nasce istituzionalmente perché una pluralità di soggetti indipendenti possano di fatto utilizzarlo, previo rispetto di dettami disciplinati dal soggetto che predispone il marchio collettivo e definisce le sue peculiarità.
La preminente finalità è quella di garantire, prima facile, la presenza di caratteristiche qualitative nei prodotti che si fregiano di tale marchio.
Ecco perché la domanda per ottenerne la concessione deve essere accompagnata da un regolamento che disponga “l’uso del marchio collettivo, i controlli e le relative sanzioni”, il mancato compimento dei controlli è causa di decadenza del marchio (artt. 11 comma 1 e 14 comma 2, lett. C, cpi, analogamente si vedano artt. 65 e 71 Rmc).
Secondo l’ordinamento comunitario “la titolarità del marchio collettivo spetta ad enti pubblici e ad associazioni di fabbricanti, produttori, prestatori di servizi o commercianti”(art. 64 Rmc), mentre per quanto concerne i marchi collettivi nazionali, possono essere concessi a “tutti i soggetti che svolgono la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi” (art. 11 CPI).
Volendo tralasciare i marchi collettivi relativi all’ indicazione geografica, DOP e IGP, proviamo a comprendere quando un prodotto può definirsi specialità tradizionale garantita, ovvero fregiarsi del marchio STG.
La Comunità europea ha stabilito con il Regolamento comunitario n. 2082/92 che il marchio STG è strettamente limitato a prodotti agricoli e alimentari e che il carattere di specificità va riferito agli elementi o all’ insieme di essi che rendono completamente distinto un prodotto agricolo o alimentare, da altri prodotti analoghi che appartengono alla stessa categoria.
E’ necessario che il prodotto sia realizzato utilizzando materie prime tradizionali o, in alternativa, che le fasi di produzione o lavorazione siano avvenute in maniera tradizionale.
Per quanto concerne il disciplinare, è indispensabile che esso descriva dettagliatamente le modalità di produzione, le caratteristiche delle materie prime utilizzate, il metodo di elaborazione che garantisce la specificità e l’indicazione delle caratteristiche fisiche, chimiche e organolettiche del prodotto su cui la suddetta specificità si basa.
Lo stesso regolamento, all’art. 14 punto 3, obbliga gli Stati membri a dotarsi di organismi di controllo, idonei, che garantiscano il rispetto dei requisiti del disciplinare e di predisporre misure sanzionatorie a carico di coloro che fanno un uso fittizio e abusivo del suddetto marchio.
Il marchio collettivo STG è utile a scoraggiare coloro che intendano creare prodotti alimentari affini, non originali, tuttavia, questo, non significa che un produttore europeo, non italiano, non sia legittimato ad appropriarsi di denominazioni tipiche italiane, facendo concorrenza agli stessi produttori italiani. In effetti, la specificità richiesta dal marchio STG non è legata alla zona di origine (anche se viene sempre richiesto un requisito di tradizionalità), né riguarda l’indicazione geografica, l’unico elemento distintivo sostanziale rispetto alla certificazione di prodotto è squisitamente riferito alla ricetta o a particolari metodi di produzione. Pertanto, in base al Regolamento sul marchio STG, è possibile assaporare un prodotto originale italiano, indipendentemente dal proprio territorio di localizzazione.
Alcuni chiarimenti e specificazioni sono stati apportati al Regolamento del 1992 dal nuovo Regolamento del 2007 n. 1216, recante modalità applicative del Regolamento 509/2006, con cui il legislatore europeo ha inteso chiarire che il termine “tradizionale” è riferito alla presenza del prodotto nel mercato comunitario da almeno 25 anni. Il suddetto regolamento attuativo precisa, altresì, che il simbolo comunitario distintivo per le STG sarà obbligatorio a partire dal 1° maggio 2009.
Tra le altre disposizioni tecniche e transitorie, si inseriscono quelle che riguardano gli elementi essenziali che determinano la tradizionalità di un prodotto, i quali devono essere comprovati da riferimenti precisi e consolidati e riferiti dal disciplinare di produzione in cui devono essere precisate le caratteristiche da controllare, necessarie per garantire la specificità del prodotto, le procedure da utilizzare e la loro frequenza.
L’unico prodotto che per l’Italia, ad oggi, ha ottenuto definitivamente il marchio STG è la mozzarella, ma pare che, oltre la pizza, siano state avanzate domande di registrazione anche per l’Antico Cioccolato Artigianale (data di invio: 10/12/2004) e per il Gallo Ruspante (data di invio: 03/08/2000).
Ma, al di là della bontà dei prodotti e dello spirito etico e culturale che pare muova tali domande, è importante osservare che i prodotti protetti dal marchio STG e, soprattutto, le materie prime con cui tali prodotti si fanno, danno origine ad un grande business e costituiscono perciò fonte di reddito per l’economia di un Paese.
Basti pensare al giro di esportazioni di ingredienti e a quello che può creare l’eventistica e la formazione in merito alle tecniche di lavorazione di un prodotto STG.
Si pensi per esempio che, restando in tema di pizza napoletana, nel nostro Paese, si vendono ogni anno nelle oltre 40 mila pizzerie più di un miliardo e mezzo di pizze tipiche al piatto, che muovono un giro d’affari di sei miliardi e trecento milioni di euro, con un indotto che supera i 15 miliardi di euro. Per confezionare queste pizze vengono utilizzati, ogni anno, 7.500 tonnellate di olio d’oliva, 90 mila tonnellate di mozzarella, 45.000 tonnellate di pomodori (San Marzano, Pachino, Ciliegino), 135.000 tonnellate di farina. A ciò si devono aggiungere le bevande che accompagnano le pizze tipiche.
La pizza STG dunque è uno dei nostri cavalli di battaglia nel contesto europeo e mondiale e, accanto alle altre produzioni artigiane italiane, esprime il valore, la tipicità e la tradizione dell’Italia. La specificità e l’originalità di tali produzioni vanno tutelate e garantite ed è su tali modelli che l’Italia deve puntare per riemergere da quelle macchie nere che, nell’ultimo periodo, ne hanno offuscato l’immagine a livello internazionale.