La gestione delle informazioni, ovvero l’archivio informativo

Riprendendo il mio precedente articolo in cui analizzavo il passaggio dall’era della gestione documentale a quella della gestione delle informazioni, intendo ora analizzare il tema da un punto di vista più archivistico, presentando un focus sull’organizzazione delle informazioni.

Inizio con il riprendere alcune note che sono ormai alla base della corretta gestione di un archivio digitale, necessarie come premessa.
La prima riguarda il “perché” un ente o un’azienda raccolga il suo patrimonio informativo in un archivio: anzitutto per mantenere traccia dell’esecuzione di procedimenti e attività compiute, al fine di garantire liceità e trasparenza dell’azione amministrativa; in secondo luogo per poter ricercare tali informazioni, per la rendicontazione dell’attività, o magari per replicare alcuni contenuti o trattamenti.

È anche importante premettere che la corretta tenuta dell’archivio non riguarda solo alcune risorse dell’ente o dell’azienda, ma investe tutta l’organizzazione, in quanto chiunque nel suo lavoro quotidiano produce “informazioni”.

 

Riflessioni, bilanci e decisioni

Riflessione: quante informazioni gestiamo? Ovvero quante delle informazioni create da ciascuna risorsa entrano realmente a far parte dell’archivio del nostro ente/azienda?
Nonostante il concetto di big data stia prendendo piede, Gartner Group stima che il livello attuale sia nell’ordine del 40%. Vuol dire che il resto è perso, ovvero non potrà essere ricercato ed usato in futuro e di conseguenza, dato forse ancora più rilevate, le decisioni aziendali saranno prese sulla base di quel 40% dei fatti realmente registrati.
Vale a dire che il 60% del patrimonio informativo non entra “in circolo” nei sistemi di gestione della qualità, della sicurezza e protezione delle informazioni… in pratica, non esiste.

 

L’archivio non è la “somma” delle informazioni

Attenzione: non è impilando uno sull’altro i documenti che si ottiene un archivio! Al contrario, questo è costituito dalle aggregazioni e collegamenti logici e funzionali tra i documenti e le informazioni.
Nell’attuale gestione documentale le criticità principali riguardano la qualità della formazione dei documenti, la predisposizione e uso della classificazione e della conseguente formazione dei fascicoli, in particolare in presenza di archivi ibridi: tali criticità restano al centro nella definizione e conduzione di un archivio informativo.

Il piano di classificazione o titolario consente di ricondurre ogni documento a una classe o una tipologia e a posizionarlo correttamente in un fascicolo e quindi in una serie o repertorio. Le serie di fascicoli sono aggregazioni archivistiche che, oltre a facilitare la ricerca anche a distanza di tempo, servono ad individuare e documentare responsabilità interne (e talvolta anche esterne) all’organizzazione.

Esiste la possibilità che un documento abbia molteplici classificazioni, ovvero che entri a far parte di fascicoli di diversi procedimenti o attività aperti su voci di classificazione anche diverse da quella inizialmente attribuita al documento. In effetti attraverso i flussi di distribuzione il medesimo documento può essere portato alla competenza di diversi settori organizzativi contemporaneamente, ciascuno dei quali procederà alla fascicolazione sulla base delle proprie competenze rispetto, appunto, al titolario aziendale.
Tipicamente, se questo strumento è ben definito, la fascicolazione dovrebbe corrispondere all’ultimo livello delle voci del titolario stesso, cercando di mantenere sotto controllo l’ulteriore “ramificazione”: in questi casi le sotto voci del piano di fascicolazione corrispondono a sotto-fascicoli.

Diverse strutture organizzative possono essere competenti per la stessa voce di titolario, in particolare in corrispondenza di procedimenti o attività di funzionamento e coordinamento trasversali all’organizzazione (ad esempio le attività relative alla conduzione del sistema di protezione dei dati personali, della qualità, del rischio clinico, della trasparenza e anticorruzione, …). Si tratta perciò di uno strumento molto potente, utile a gestire sia la segmentazione delle competenze, che i procedimento o attività tra i diversi settori aziendali.

Infatti, richiamando il fatto che il titolario di classificazione è uno strumento unico e non deve essere replicato per le diverse strutture funzionali dell’organizzazione, per esemplificare un uso delle serie di fascicoli si può prendere in considerazione la voce di titolario relativa alla gestione delle Gare: in un ente o azienda ci possono essere diverse strutture che effettuano acquisti mediante gare, e quindi si può andare a definire una serie di fascicoli per ciascuno di essi, ad esempio le serie: “Gare ICT”, “Gare per manutenzioni macchinari”, “Gare per servizi di consulenza amministrativa” e così via.

 

Organigramma e “funzionigramma”

Riflessione: le organizzazioni mutano frequentemente la loro struttura, spesso per adattarsi all’evoluzione del mercato. L’impostazione dell’archivio deve essere sì “flessibile”, ovvero permettere di tracciare le competenze procedimentali e le attività dei diversi settori aziendali, ma non per questo stravolgere la configurazione della struttura informativa.
In altre parole, le informazioni gestite nell’archivio fanno riferimento alle “strutture” organizzative dell’ente/azienda, intese non già come “uffici” (soggetti a mutamento, accorpamenti o divisioni), ma come “funzioni” aziendali (di natura più stabile).
Si parla quindi del ruolo fondamentale del “funzionigramma” aziendale come strumento per descrivere le funzioni dell’ente o azienda (che mutano più lentamente), diverso dall’organigramma che invece può mutare più rapidamente attraverso le riorganizzazioni aziendali.

 

Il fascicolo: la cellula vitale dell’archivio

Riprendendo la tematica delle aggregazioni documentarie, ed in particolare dei fascicoli, si deve ricordare che la gestione di un fascicolo deve avere una durata compatibile con le tempistiche previste per la sua conservazione, quindi deve essere “chiuso”, in un lasso di tempo non troppo lungo. In effetti, il passaggio all’archivio di deposito, che corrisponde al versamento in conservazione digitale del fascicolo e delle sue componenti documentali avviene quando il fascicolo è chiuso.

Attenzione: è il fascicolo con la propria metadatazione e completo delle sue componenti documentali, ad essere l’evidenza del procedimento e dell’attività amministrativa svolta e dei suoi esiti e bisogna quindi prestare la massima attenzione alla sua conservazione. Un errore comune è pensare che conservare i singoli documenti sia sufficiente a preservare l’archivio, ma è una visione miope perché non è sufficiente a mantenere nel tempo le informazioni del procedimento e attività svolta. È un tema su cui tornerò in un successivo articolo.

In conclusione, emerge chiaramente l’importanza di prestare attenzione alla corretta gestione (e conservazione) delle aggregazioni documentali. Ne sono esempi ricorrenti il fascicolo del personale, il fascicolo dei clienti e dei fornitori, il fascicolo di manutenzione di un impianto o ad esempio di automezzo. Sono esempi definiti a volte come “iper fascicoli”.

Al contempo, nella pratica, si osserva spesso che il medesimo fascicolo, appunto perché alimentato da diversi settori organizzativi, può essere gestito in modi diversi da ciascuno di essi. Un approccio per gestire correttamente queste casistiche è quello di usare i dossier come aggregazioni logiche di fascicoli inerenti appunto alla gestione degli stessi da parte di ciascun settore organizzativo.
Ad esempio, il dossier diventa uno strumento per la raccolta dei singoli fascicoli dei singoli procedimenti e attività relative ad un dipendente, come la sua assunzione, le visite mediche periodiche, la formazione, la gestione dei permessi e altri aspetti della retribuzione e relativi alla carriera.

 

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Articolo di Andrea Piccoli, ingegnere e componente del D&L NET – consulta il suo profilo