“Giusta causa” di licenziamento: attenzione alla gestione dei devices aziendali

Il controllo degli strumenti aziendali rientra tra le facoltà del datore di lavoro che, per motivi di sicurezza, può monitorare l’uso dei computer e dei devices aziendali in dotazione dei dipendenti. È anche vero che il personale deve essere sempre preventivamente informato del possibile controllo, delle modalità e delle ragioni che lo giustificano. La cattiva gestione degli strumenti da parte di un dipendente può infatti essere ritenuta di una gravità tale da ledere irrimediabilmente il rapporto di fiducia con l’azienda e dunque idonea a integrare la giusta causa di licenziamento.

Il Tribunale di Bari[1] ha infatti ritenuto legittimo il licenziamento di una segretaria che, attraverso l’uso (improprio) dei devices in dotazione, aveva rivelato informazioni e notizie riservate a imprese concorrenti. La dipendente, a causa di un periodo di malattia, aveva infatti provveduto a restituire lo smartphone aziendale, senza provvedere alla rimozione di app e messaggi di carattere privato presenti sul dispositivo, prontamente scoperti dal datore. La segretaria, infatti, non solo aveva indebitamente installato l’applicazione di Facebook sul telefono aziendale (senza previa autorizzazione), ma intratteneva numerose conversazioni private durante le ore di lavoro, aventi lo scopo di rivelare i contatti di promotori utili ad imprese concorrenti.

La condotta della dipendente è stata ritenuta idonea per il giudice di Bari a motivare la giusta causa di licenziamento. A fare la differenza sono stati gli screenshot della messaggistica Facebook prodotti in udienza dall’azienda e ritenuti utilizzabili dal Tribunale.

E’ opportuno ricordare che il datore di lavoro, secondo quanto previsto dalle Linee guida del Garante per posta elettronica e internet, può certamente adottare misure opportune per evitare usi impropri della navigazione in internet, quali ad esempio la configurazione di sistemi o l’utilizzo di filtri che prevengano determinate operazioni reputate incompatibili con l´attività lavorativa (quali l´upload e/o il download di file o software aventi particolari caratteristiche o anche l´accesso a determinati siti da inserire in una sorta di black list).

Non è la prima volta che la cattiva gestione degli strumenti aziendali sia causa di licenziamento. Ricordiamo il caso di una dipendente di uno studio medico, che nell’arco di 18 mesi aveva effettuato una media di circa 4.500 accessi a Facebook durante l’orario lavorativo, subendo di conseguenza un licenziamento disciplinare.

Un elemento di sicura prevenzione per il datore è l’obbligo di formazione dei dipendenti, per quanto concerne in particolare la gestione degli strumenti e dei dispositivi resi disponibili in ambito aziendale, con particolare riguardo per la protezione dei dati. La definizione di un piano formativo in grado di armonizzare le competenze interne delle diverse funzioni coinvolte è infatti indispensabile per un corretto processo di adeguamento alla nuova normativa in materia di protezione dei dati personali, considerando lo spirito funzionale (e non meramente formale) che anima il GDPR.


[1] Sentenza del Tribunale di Bari n.2636/2019