di avv. Sarah Ungaro – Digital&Law Department
A ben vedere, la copia di cortesia appare essere l’ennesimo escamotage predisposto per sottrarre i Giudici alle norme a cui le altre categorie professionali coinvolte nel processo sono invece soggette: la consegna della copia di cortesia in Cancelleria da parte degli Avvocati, infatti, risulta essere in aperta contraddizione con la ratio della disciplina del Processo Civile Telematico, in quanto non sembra potersi giustificare neanche ai sensi dell’art. 16-bis, comma 9, del DL 179/2012, il quale stabilisce che «il giudice può ordinare il deposito di copia cartacea di singoli atti e documenti per ragioni specifiche».
Sulla scorta di tale previsione contemplata nel citato Protocollo d’intesa, il Tribunale di Milano, con la decisione in commento, si è spinto addirittura sino alla condanna della parte soccombente (in un giudizio di opposizione allo stato passivo) per responsabilità processuale aggravata, ai sensi del comma 3 dell’art. 96 c.p.c. – che è norma di valenza pubblicistica, in quanto mira a colpire le fattispecie di abuso del processo e a evitare che le parti assumano comportamenti dilatori, sleali e scorretti – per non aver depositato la famigerata “copia di cortesia” a seguito del corretto e tempestivo deposito telematico dei documenti[2].
Nel caso specifico, dunque, più che di reticenza dei Giudici del Tribunale di Milano nei confronti delle novità introdotte dalle norme sul PCT, secondo alcuni potrebbe ravvisarsi un atteggiamento ai limiti della ritorsione nei confronti della parte “rea” di non aver depositato la copia di cortesia cartacea degli atti, evidentemente prevista per concedere ai Giudici “il privilegio” di non essere costretti a familiarizzare con gli strumenti digitali contemplati dalle disposizioni sul PCT, al contrario di quanto accade per Avvocati, Cancellieri e Periti.
[2] In proposito, alcune fonti hanno rivelato che il Giudice delegato avrebbe autorizzato la rinuncia da parte del fallimento ad avvalersi del capo della sentenza che ha condannato l’opponente al pagamento della somma prevista dalla sentenza, in quanto tale pronuncia sarebbe fondata su un “principio opinabile”. Tuttavia, anche qualora tale notizia fosse confermata, la condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. per responsabilità processuale aggravata rimarrebbe comunque valida.