Documento informatico o cartaceo? La sottile (in)differenza secondo la Corte di Cassazione

Riusciremo mai a superare il nostalgico attaccamento al cartaceo? Anche i vertici della Magistratura continuano a legittimare processi ibridi privi di utilità.

L’Avv. Carola Caputo interviene nella Rubrica di Filodiritto “Bit Volant” per commentare la sentenza n. 5744, pronunciata il 19 gennaio 2023, con la quale la Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato l’ammissibilità di un atto di appello stampato, scannerizzato e firmato digitalmente dal difensore.

Nulla di apparentemente vietato, ma scopriamo perché non è un bene.

 

Differenza tra copia per immagine e documento informatico

A parere del Collegio giudicante, la sola differenza tra un documento informatico e la copia per immagine di un documento cartaceo si risolverebbe nella semplice previsione di un passaggio in più. L’interpretazione proposta dalla Corte prescinde del tutto dalla definizione di documento informatico stabilita dal Codice dell’Amministrazione Digitale, che sarebbe stata sufficiente a perimetrare la portata applicativa dell’art. 24, comma 6-bis del D.L. 137/2020.

 

Un sillogismo quasi perfetto

Con sillogismo solo apparentemente perfetto, la Corte ha affermato che “la predetta disposizione, tuttavia, non risulta violata, perché l’atto di impugnazione è effettivamente sottoscritto con firma digitale”. A ben vedere, però, non solo la ratio, ma anche la lettera della legge appare travisata dai Giudici di Piazza Cavour. La Corte sembra non accorgersi di un particolare neanche tanto nascosto: l’atto oggetto di deposito deve essere un documento informatico.

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