Sulle pagine della Rubrica di Filodiritto “Bit Volant” l’Avv. Matteo Pompilio interviene per commentare i tanto agognati chiarimenti giunti dall’INL e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali sull’applicazione pratica delle nuove modifiche introdotte dal Decreto Trasparenza al D. Lgs 26 maggio 1997 n.152.
Il tema è quello della corretta gestione del contesto “tecnologico” aziendale da parte dal datore, caratterizzato ormai da strumenti da cui può trarre informazioni rilevanti per orientare scelte strategiche e organizzative, con evidenti ricadute su diritti e libertà dei lavoratori. Sull’impiego di tali strumenti, la normativa si sta evolvendo e la volontà del legislatore nazionale è di aderire a quanto previsto in ambito europeo, attuando una lodevole azione di coordinamento tra le diverse leggi già applicabili. Analizziamole nello specifico.
Decreto trasparenza: gli obblighi del datore rispetto al contesto “tecnologico” aziendale
L’introduzione del c.d. Decreto Trasparenza, emanato in attuazione della Direttiva (EU) 2019/1152 con l’obiettivo di aumentare trasparenza e prevedibilità nei rapporti tra datore di lavoro e lavoratore, ha già dalla sua emanazione sollevato diverse criticità in ordine alle modalità operative per la sua applicazione.
Ovviamente, la volontà del legislatore italiano non era certo quella di complicare il quadro normativo, ma di aderire all’invito presente nella Direttiva anche nel solco del GDPR.
Decreto trasparenza: e dal punto di vista operativo?
Come detto, la questione operativa è stata solo parzialmente chiarita dagli interventi dell’INL e del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. L’autore non si sofferma sulla nota dell’INL che poco aggiunge alle questioni di natura interpretativa, ma intende fornire qualche spunto di carattere tecnico e comunque parziale, dato l’esplicito rinvio – al suo interno – ad un successivo e ulteriore intervento chiarificatore.
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