Competenze digitali: il nuovo bonus fiscale per le imprese

Un recente articolo apparso su Il Sole 24 Ore offre un confronto tra la generazione dei Millennial, coloro i quali hanno assistito al passaggio tra l’era analogica e quella digitale e la Generation Z nati e cresciuti nell’era della Tecnologia Digitale nativa, per quanto concerne in particolare le abitudini legate all’interazione sui social media. Due verbi in particolare racchiudono l’essenza diversificata delle due generazioni, aiutando a restituirne una possibile, per quanto prematura, descrizione: “condividere” la parola d’ordine dei Millennial e  “fare” è quella della Gen Z.

Un verbo potrebbe colmare il gap: “formare”. La formazione può colmare il vuoto tra le generazioni digitali e  quelle che invece hanno vissuto gran parte della loro esistenza nel contesto analogico e sono entrate a far parte di quello digitale, più per necessità che per scelta.
Questo divario assume contorni sempre più netti, a mano a mano che ci si addentra nel mondo lavoro, dove il possesso di competenze, conoscenze e abilità deve essere oggi commisurato a un framework di riferimento di livello europeo, sempre più orientato al consolidamento della componente digitale, imprescindibile per uscire dal ginepraio affinando un solido profilo professionale.

Al fine di promuovere un atteggiamento positivo nei confronti delle nuove professionalità, il governo ha recentemente proposto l’adozione del pacchetto “Lavoro 4.0” per rafforzare il capitale umano delle aziende, sopperendo sia al bisogno formativo delle nuove leve, che di coloro che pur avendo maturato una certa esperienza hanno bisogno di accrescere il loro profilo tramite l’acquisizione di competenze digitali. 

Dopo “Industria 4.0” (gli incentivi per rinnovare gli impianti), il governo ha deciso di sviluppare un pacchetto dedicato all’occupazione, che entrerà a far parte della prossima legge di Bilancio. Quest’ultimo rappresenta la terza delle misure recentemente varate, che hanno visto succedersi gli sgravi permanenti per l’assunzione di giovani a tempo indeterminato e successivamente l’introduzione di un assegno di ricollocamento collettivo per i licenziamenti di massa. Una logica complessa, improntata su una triplice direttrice che riconosce nella formazione l’elemento chiave per regolare gli ingressi e le uscite del mercato del lavoro, specie laddove il rischio di sostituzione uomo-macchina è più radicato.

Il bonus formazione, così come pensato dal Ministero dello Sviluppo economico, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e con il Ministero dell’Istruzione, interesserà solo le «spese incrementali in formazione alla digitalizzazione», ossia erogate a quelle imprese che spenderanno ex novo o comunque in percentuale maggiore rispetto agli anni precedenti. Lo scopo fondamentale è dunque quello di ricucire lo strappo generazionale «rafforzando le competenze nei settori che servono, quelli di industria 4.0» nell’ottica di una formazione portata avanti nel tempo, in grado di sostenere la riconversione di quelle risorse penalizzate dal non essere native digitali e pertanto spesso a rischio di esclusione dal comparto lavorativo. Parimenti la possibilità per le aziende di “scaricare” quanto investito in formazione, si rivelerà utile anche nei confronti dei neo-assunti, inseritesi spesso con l’ondata dei contratti a tempo determinato catalizzata dal jobs act. Per questi ultimi l’attitudine prevalente al “fare” digitale, potrà essere correttamente supportata da una metodologia formativa orientata ad acquisire una conoscenza approfondita dell’ambiente lavorativo, in termini di conoscenze e competenze, approfondendo il rapporto simbiotico instaurato, spesso nativamente, con le tecnologie digitali.