Brunetta interviene per ribadire l’efficacia e la validità della PEC

Con la circolare 12/2010, il Ministro Brunetta, scrive ancora una volta alle pubbliche amministrazione in tema di PEC per chiarire, leggi alla mano, la sua piena efficacia come metodo di trasmissione delle istanze (nel caso specifico istanze di partecipazione a bandi di concorso) senza la necessità di interventi regolamentari o specifiche nel bando di concorso.

La Circolare ricorda, tra l’altro, che, per espressa previsione dell’art. 65 del CAD, le istanze presentate tramite PEC (e qui Brunetta avrebbe dovuto chiarire meglio in quanto l’art. 65 fa riferimento alla sola CEC PAC e non anche a tutte le altre PEC) sono pienamente valide e nessuna scusa, ancor meno quelle basate sullo scarso o non del tutto testato utilizzo della PEC, può giustificarne la mancata accettazione.

La questione che ha portato all’emanazione di questa nuova circolare è sorta a seguito delle polemiche sollevate da una, quantomeno, inadeguata risposta del Ministero dell’Istruzione data al Collegio nazionale degli agrotecnici, il quale chiedeva chiarimenti sulla validità o meno di un’istanza di partecipazione all’esame di stato presentata tramite PEC (tale modalità non era espressamente prevista dal bando di concorso).

La risposta del MIUR ha dell’incredibile: la Pec “è uno strumento il cui utilizzo è ancora in fase iniziale e non è perciò compresa tra i possibili modi di invio delle domande di partecipazione agli esami abilitanti“.

Il MIUR, oltre a dimostrare la propria incompetenza, sembra voler dar vita ad una nuova fonte normativa: leggi che hanno bisogno di una buona consuetudine d’utilizzo per avere piena efficacia, potremmo chiamarle “leggi in prova”.

Brunetta, di fronte a tale situazione, ha alzato la voce e ha ribadito la piena equiparazione tra posta raccomandata A/R e la PEC.

Purtroppo non ha chiarito tante altre situazioni che rallentano, se non addirittura ostacolano, l’utilizzo della PEC da parte della PA.

Basti pensare, come già sottolineato in passato, che, sulla base di quanto previsto dall’art. 43 del Codice della amministrazione digitale (D. Lgs. 82/2005), i documenti informatici, di cui è prescritta la conservazione per legge o regolamento, possono essere archiviati per le esigenze correnti anche con modalità cartacee e sono conservati in modo permanente con modalità digitali. L’utilizzo della PEC, quindi, impone al mittente la necessaria conservazione dei contenuti e dei documenti trasmessi, nonché delle relative ricevute di invio e di ricezione e al destinatario la conservazione della busta ricevuta e dei relativi contenuti. A ciò si aggiunga che la conservazione della PEC è disponibile oggi solo come servizio a pagamento in capo ai gestori di PEC, i quali invece possono ex lege limitarsi a conservare, per soli 30 mesi, esclusivamente i log di trasmissione dei messaggi che transitano nel sistema. In assenza di un obbligo di conservazione, pertanto, l’utilizzo massivo comporterà per l’utente l’inevitabile problematica di gestire una notevole massa di informazioni correlata alla spedizione/ricezione di messaggi e documenti, con conseguente necessità di avvalersi di strumenti di gestione e archiviazione elettronica (DMS) e, infine, di conservazione a norma di tali certificazioni (oltre che di archiviazione e conservazione a norma dei documenti trasmessi e ricevuti).

Si intravedono nuove circolari all’orizzonte.

 

 

 

Redazione13 Gennaio 2016