di Alessandra Foschetti, Comune di Bologna (Semplificazione amministrativa e promozione della cittadinanza attiva), contributor D&L
La Legge n. 114/2014 dell’11 agosto 2014 ha obbligato tutte le pubbliche amministrazioni e società partecipate a comunicare all’Agenzia per l’Italia digitale l’elenco delle basi di dati in loro gestione e degli applicativi che le utilizzano: adempimento questo, correlato al parallelo obbligo di effettuare la pubblicazione sul sito istituzionale delle informazioni di cui all’art. 52, comma 1, D. Lgs. n. 82/2005 (il catalogo delle banche dati in possesso delle PA).
Questo adempimento è solo un ulteriore tassello che va a comporre il quadro degli adempimenti connessi ai dati pubblici che le amministrazioni raccolgono, organizzano e gestiscono e che sono oggetto di obblighi di comunicazione, pubblicazione ed elaborazione (es. in formato aperto) verso interlocutori e con valenza diversa.
Il processo di valorizzazione dell’informazione pubblica, così come descritto dalle Linee guida nazionali per la valorizzazione del patrimonio informativo pubblico (2014) dell’Agenzia per l’Italia Digitale, dovrebbe essere in grado di mettere a regime e sistematizzare maggiormente tutti gli adempimenti che in questi anni si sono succeduti sulla fruibilità dei dati e dei documenti amministrativi. In questo modo si potrà supportare veramente le pubbliche amministrazioni per un “corretto processo di apertura dei dati” che non debba esser letto come una serie di istruzioni su come adempiere a nuovi obblighi che si sommano ai precedenti e che vertono tutti sullo stesso oggetto.
Occorrerebbe non perdere il focus sui beneficiari e sulle finalità delle disposizioni della trasparenza e semplificazione amministrativa: ossia garantire la chiarezza e la qualità delle informazioni, agevolare il reperimento sul web e l’utilizzo per il cittadino/utente finale di determinati dati sull’agire amministrativo. Alcuni tra i procedimenti più diffusi che hanno per oggetto il dato pubblico, quali l’accesso agli atti, l’accesso civico e l’accesso ai dati tra PA, hanno nome giuridico simile ma tutelano interessi diversi, così come sono differenti i soggetti e le procedure amministrative.
a) Accesso agli atti
La normativa sull’accesso agli atti tutela interessi legittimi specifici (talvolta anche diritti soggettivi), in quanto concede la disponibilità all’interessato di documenti contenuti all’interno di fascicoli prodotti o detenuti dall’amministrazione, funzionali all’istruttoria di un procedimento amministrativo che lo riguarda.
In particolare, si esclude l’estensione della fattispecie ai singoli dati o “informazioni”, ivi comprese le elaborazioni o integrazioni ad atti o documenti o comunque chiarimenti in relazione agli stessi. Oltre che a determinate categorie di atti indicati dalla normativa come “esclusi dal diritto d’accesso”, la L. 241/90 non si applica ovviamente a documenti amministrativi per i quali è previsto un diverso onere di pubblicità.
b) Accesso civico
L’accesso civico, introdotto dall’art. 5 del Decreto legislativo 33/2013, è applicabile a tutti i documenti, informazioni e dati oggetto di pubblicazione obbligatoria, nel presupposto che chiunque ha il diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, utilizzarli e riutilizzarli (art. 3 del d.lgs. 33/2013). L’insieme di questi contenuti è indicato negli articoli da 12 a 42 del decreto stesso.
A differenza dell’accesso agli atti, l’accesso civico difende l’interesse legittimo collegato al controllo democratico da parte dei cittadini sull’operato delle pubbliche amministrazioni.
Proceduralmente, qualora l’interessato non trovi tali documenti, dati o informazioni sul sito istituzionale, richiede informalmente (senza necessità di motivazioni) il rispetto dell’obbligo di pubblicazione previsto dalla normativa. A tal proposito, occorre rilevare che non favorisce la conoscenza di questo istituto per il cittadino/utente la previsione normativa di inserire la descrizione della procedura dell’accesso civico nella sezione “Amministrazione trasparente / Altri contenuti”.
Tenuto conto dell’organizzazione dell’ente e della mole dei documenti che rientrano in questa normativa (si pensi, ad esempio, alla categoria degli atti autorizzativi e di concessione, anche privi di effetti economici diretti), si può ben immaginare che gli adempimenti non sono avvenuti in maniera omogenea in tutte le amministrazioni: non sempre quindi l’utente finale è in grado di distinguere se il documento che non trova pubblicato sul sito è oggetto di trasparenza o meno.
Gli aspetti procedurali connessi alla pubblicazione degli atti pagano il dazio della scarsa visione sistemica del passato, in quanto erano rilevanti solo per i procedimenti che prevedevano la pubblicazione come fase integrativa dell’efficacia del provvedimento finale.
c) Accesso ai dati tra le pubbliche amministrazioni
In questo contesto l’accesso è riferito a qualunque dato trattato da una pubblica amministrazione, che va reso accessibile e fruibile per le altre amministrazioni, in funzione dei compiti istituzionali di queste ultime.
Le amministrazioni avevano l’obbligo di predisporre apposite convenzioni-quadro (così definite dall’art. 35, comma 3, lett. b), del D.Lgs. 14 marzo 2013, n. 33)1 per l’erogazione dei servizi in rete e di accesso telematico alle basi di dati. Tuttavia, con la recentissima modifica all’art. 58 del Codice dell’amministrazione digitale (D. Lgs. 82/2005)2, è stato eliminato il riferimento alle convenzioni-quadro, disponendo che “le pubbliche amministrazioni comunicano tra loro attraverso la messa a disposizione a titolo gratuito degli accessi alle proprie basi di dati alle altre amministrazioni mediante la cooperazione applicativa di cui all’articolo 72, comma 1, lettera e)”.
Occorre quindi permettere l’accesso alle basi di dati da altre amministrazioni mediante la cooperazione applicativa di cui all’art. 72, comma 1, lettera e) del CAD, finalizzata all’interazione tra i sistemi informatici delle pubbliche amministrazioni, per garantire l’integrazione dei metadati, delle informazioni e dei procedimenti amministrativi.
L’amministrazione è quindi chiamata a provvedere a un adeguamento tecnologico delle basi di dati e anche a una revisione delle procedure che hanno ricadute sulla qualità del dato.
In attesa delle regole tecniche previste dal comma 2 dell’art. 58 del CAD l’ente potrebbe infatti rivalutare:
– il puntuale e corretto adempimento della normativa sulla protezione dei dati personali (in particolare sui responsabili e incaricati del trattamento dei dati, sulla loro nomina e individuazione);
– l’aggiornamento del dato verificato tramite la mappatura del flusso procedimentale.
Questi interventi sui dati richiamano ancora una volta l’ente pubblico a una riflessione interna sulle proprie competenze professionali: non si tratta di adeguamenti tecnologici sulle banche dati o sull’accessibilità sic et simpliciter di un documento amministrativo, ma occorre ripensare al proprio patrimonio informativo con competenze di diritto dell’informatica specifiche.
1 Tale adempimento è indispensabile per l’acquisizione d’ufficio di atti o certificati che il cittadino non abbia sostituito o attestato con proprie dichiarazioni, ma di cui abbia indicato gli estremi per consentire all’ente di effettuare gli accertamenti d’ufficio. Si tratta quindi di un aspetto fondamentale ai fini della semplificazione della modulistica e delle procedure di controllo successive (v. pure Dpr. 445/200 e ss.mm. ii).
2 L’articolo 58 del CAD, richiamato dall’art. 35 del D.Lgs. 33/2013, è stato sostituito dall’ art. 24-quinquies, comma 1, D.L. 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 agosto 2014, n. 114.