Con il consueto zelo, anche il nostro Paese ha finalmente recepito la Direttiva 45/2010/UE del 13 luglio 2010 (le cui disposizioni attuative avrebbero dovuto essere adottate dagli Stati membri entro il 31/12/2012), recante modifiche alla Direttiva 2006/112/CE, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione.
La Direttiva 2010/45/UE del Consiglio è stata emanata con lo scopo di addivenire a una maggiore semplificazione delle norme in materia di fatturazione, anche stabilendo la parità di trattamento tra le fatture cartacee e quelle elettroniche: a queste ultime, infatti, possono essere applicate le stesse procedure previste per le fatture cartacee, senza alcun aumento degli oneri amministrativi rispetto a quelli gravanti sulle c.d. paper invoices.
La legge tanto attesa è la n. 228/2012, ossia la c.d. legge di stabilità 2013 del 24 dicembre 2012. Tuttavia, occorre segnalare che il nostro Legislatore, in realtà, aveva già formalmente ottemperato agli obblighi comunitari con il D.L. 11 dicembre 2012, n. 216, che ha emanato disposizioni urgenti volte a evitare l’applicazione di sanzioni da parte dell’Unione Europea. Le disposizioni contemplate da tale provvedimento, in effetti, sono state pedissequamente trasfuse nella citata legge di stabilità: è dunque plausibile ritenere che il D.L. in questione non sarà mai formalmente convertito in legge.
Nello specifico, l’adeguamento alle disposizioni comunitarie è stato effettuato attraverso la modifica al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
All’art. 21 del citato provvedimento è stata introdotta la vera novità della Direttiva 45/2010/UE, ossia la riformulata nozione di fattura elettronica, per la quale ora deve intendersi la fattura che è stata emessa e ricevuta in un qualunque formato elettronico (art. 217 della Direttiva 45/2010/UE); inoltre, la stessa disposizione precisa che la fattura, cartacea o elettronica, si ha per emessa all’atto della sua consegna, spedizione, trasmissione o messa a disposizione del cessionario o committente.
Sul punto, la Direttiva 2010/45/UE aveva in effetti modificato la definizione di fattura elettronica di cui all’art. 217 della Direttiva 2006/112/CE: mentre, infatti, la nozione utilizzata in precedenza era incentrata sulla “trasmissione o messa a disposizione per via elettronica” dei dati oggetto di fatturazione, la nuova definizione di fattura elettronica è imperniata sul riferimento all’emissione o alla ricezione in formato elettronico del documento fattura1. Con la nuova formulazione di fattura elettronica, dunque, si è inteso distinguere ancor più nettamente il concetto di fattura elettronica ai sensi della Direttiva 2010/45/UE dalla nozione di fattura in formato digitale o telematico.
In tal senso, sulla scorta dell’attuale definizione, non tutte le fatture create in formato elettronico possono rientrare nella definizione di fattura elettronica di cui all’art. 217 della Direttiva.
Solo per fare qualche esempio sul punto, si consideri che:
– le fatture create in formato elettronico tramite un software di contabilità o un software di elaborazione di testi e successivamente inviate e ricevute in formato cartaceo non possono rientrare nella definizione della Direttiva 2010/45/UE2;
– le fatture create in formato cartaceo, poi scannerizzate, sottoscritte con firma elettronica avanzata (basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di firma sicura) e inviate e ricevute tramite posta elettronica, possono invece essere considerate fatture elettroniche ai sensi della normativa comunitaria.
Da queste due ipotesi si rende evidente che per distinguere le fatture elettroniche da quelle cartacee non è rilevante il tipo di formato originario, elettronico o cartaceo, della fattura, bensì la circostanza che la fattura sia in formato elettronico quando viene emessa (ossia messa a disposizione) e ricevuta3.
Con particolare riferimento alla fatturazione elettronica, la norma prescrive che sia possibile farvi ricorso solo previa accettazione da parte del destinatario (condizione in realtà già imposta dalla formulazione previgente dell’art. 232 della Direttiva 2006/112/CE).
Tale norma, però, non disciplina gli specifici contenuti in merito ai quali il destinatario dovrà esprimere il proprio consenso, che in concreto, dunque, potranno essere i più vari. Nel silenzio della legge, pare tuttavia quanto mai opportuno disciplinare contrattualmente anche la modalità tecnica di trasmissione e le specifiche utilizzate in tale fase e in quella di archiviazione e conservazione, come pure la periodicità di trasmissione delle fatture. Appare utile, quindi, sottolineare come in questa materia assumano un’importanza rilevante i contratti e le regolamentazioni tecniche intercorrenti tra le parti e giova ricordare che i servizi di fatturazione e conservazione possono essere affidati oggi in outsourcing a soggetti terzi (come espressamente previsto dal Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze 23 gennaio 2004, relativo alle modalità di conservazione su supporti digitali dei documenti rilevanti ai fini tributari)4.
Più in generale, l’emissione della fattura – cartacea o elettronica – da parte del cliente o del terzo residente in un Paese con il quale non esista alcuno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza è consentita alle seguenti condizioni: che ne sia data preventiva comunicazione all’Agenzia delle Entrate, che il soggetto passivo nazionale abbia iniziato l’attività da almeno cinque anni e nei suoi confronti non siano stati notificati, nei cinque anni precedenti, atti impositivi o di contestazione di violazioni sostanziali in materia di imposta sul valore aggiunto.
Nel caso in cui più fatture elettroniche siano trasmesse in un unico lotto allo stesso destinatario, da parte dello stesso cedente o prestatore, il novellato art. 21 del citato D.P.R. n. 633/1972 consente che le indicazioni comuni alle diverse fatture possano essere inserite una sola volta, purché per ogni fattura sia accessibile la totalità delle relative informazioni.
Tuttavia, lo stesso articolo (recependo l’art. 233 della Direttiva 45/2010/UE) prescrive espressamente che il soggetto passivo assicuri l’autenticità dell’origine, l’integrità del contenuto e la leggibilità della fattura dal momento della sua emissione fino al termine del suo periodo di conservazione. Al fine di garantire tali requisiti, la norma prescrive poi di adottare:
• sistemi di controllo di gestione che assicurino un collegamento affidabile tra la fattura e la cessione di beni o la prestazione di servizi ad essa riferibile;
• apposizione della firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente;
• sistemi EDI (sistemi di Electronic Data Interchange) di trasmissione elettronica dei dati o altre tecnologie in grado di garantire l’autenticità dell’origine e l’integrità dei dati.
Occorre rilevare, tuttavia, che la disposizione di cui all’art. 233 della citata Direttiva non prevede l’apposizione della firma elettronica qualificata o digitale dell’emittente, ma della firma elettronica avanzata.
Ulteriori modifiche hanno poi riguardato l’art. 39 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in tema di conservazione.
In particolare, la nuova formulazione stabilisce che le fatture elettroniche sono conservate in modalità elettronica, in conformità alle disposizioni del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze adottato ai sensi dell’articolo 21, comma 5, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Le fatture create in formato elettronico e quelle cartacee possono essere conservate elettronicamente.
In argomento, preme sottolineare tuttavia che anche il testo previgente dell’art. 39 (così come modificato dall’art. 2 del D.Lgs. 52/04) disponeva che le fatture elettroniche potessero essere “archiviate nella stessa forma” e che “le fatture elettroniche consegnate o spedite in copia sotto forma cartacea” potessero essere archiviate in forma elettronica. Oggi, però, se una fattura è elettronica allora va necessariamente conservata in modalità digitale secondo quanto è disciplinato dal DMEF 23 gennaio 2004.
Inoltre, il nuovo art. 39 del D.P.R. n. 633/1972 specifica poi che “il luogo di conservazione elettronica delle stesse, nonché dei registri e degli altri documenti previsti dal presente decreto e da altre disposizioni, può essere situato in un altro Stato, a condizione che con lo stesso esista uno strumento giuridico che disciplini la reciproca assistenza. Il soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato assicura, per finalità di controllo, l’accesso automatizzato all’archivio e che tutti i documenti ed i dati in esso contenuti, compresi quelli che garantiscono l’autenticità e l’integrità delle fatture di cui all’articolo 21, comma 3, siano stampabili e trasferibili su altro supporto informatico”.
Sulla questione, già la Direttiva 2006/112/CE aveva sancito l’obbligo di archiviazione di copie delle fatture, sia cartacee, che elettroniche5, prevedendo che potesse essere il soggetto passivo a stabilire il luogo di archiviazione dei documenti fiscalmente rilevanti, a condizione che lo stesso, ove necessario, mettesse prontamente a disposizione delle autorità competenti tutte le fatture o informazioni archiviate.
Tuttavia, occorre specificare che questa previsione non consente di ritenere che un soggetto passivo possa scegliere di applicare le regole di tenuta/conservazione relative a uno Stato diverso da quello in cui esso risiede, in virtù delle seguenti considerazioni:
– non esiste una normativa comunitaria di riferimento per la conservazione delle fatture, ad eccezione delle limitate prescrizioni contenute nella Direttiva 2006/112/CE. L’assenza di una normativa comune è facilmente comprensibile se si considera che le regole di tenuta/conservazione dei documenti fiscali, in generale, e delle fatture, in particolare, sono strettamente interdipendenti con le diverse regole fiscali applicabili in ciascuno Stato di riferimento;
– la Direttiva 2006/112/CE consente di conservare le fatture in un altro Stato membro se è assicurato l’accesso on line alle autorità ispettive dello Stato membro in cui l’impresa è stabilita, implicitamente confermando che le regole di corretta tenuta e archiviazione devono essere quelle dello Stato di stabilimento a cui appartengono le autorità ispettive.
In particolare, “gli Stati membri possono inoltre esigere dal soggetto passivo stabilito nel loro territorio l’archiviazione nello stesso territorio (…) di tutte le fatture che ha ricevuto, laddove l’archiviazione non sia effettuata tramite un mezzo elettronico che garantisca un accesso completo e in linea ai dati in questione” (art. 245, paragrafo 3, della Direttiva 2006/112/CE);
– la definizione della durata del periodo in cui le imprese sono tenute a conservare le fatture è rimesso discrezionalmente alla determinazione dello Stato membro in cui l’azienda è fiscalmente residente6.
In particolare, ciascuno Stato membro stabilisce “il periodo per il quale i soggetti passivi devono provvedere all’archiviazione delle fatture (…) ricevute dai soggetti passivi stabiliti nel suo territorio” (art. 247, paragrafo 1, della Direttiva 2006/112/CE);
– gli Stati membri in cui le imprese sono stabilite possono esigere che la conservazione delle fatture sia fatta nella stessa forma con la quale le fatture sono state consegnate, spedite o trasmesse (art. 247, paragrafo 1, della Direttiva 2006/112/CE). Ciò significa che per le fatture cartacee può essere necessaria la conservazione in forma analogica e per le fatture elettroniche la conservazione in formato digitale;
– qualora un’azienda faccia conservazione digitale delle fatture emesse o ricevute con un mezzo elettronico che garantisca un accesso in linea ai dati delle fatture, “le autorità competenti dello Stato membro in cui è stabilito (…) hanno il diritto di accedere a tali fatture per via elettronica, di scaricarle e di utilizzarle“7 (art. 247, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE). Pure questa norma tutela in prima istanza le esigenze delle autorità ispettive dello Stato di stabilimento, anche nell’ipotesi che le fatture siano conservate in un altro Stato dell’Unione Europea.
Infine, occorre rilevare che attualmente, nonostante gli interventi riformatori della Direttiva 45/2010/UE oggetto di recepimento nei diversi Stati membri, permane la sostanziale mancanza di armonizzazione della normativa in materia di conservazione delle fatture: ciò significa che deve continuare ad applicarsi la disciplina sulla corretta tenuta e conservazione della contabilità vigente nello Stato di residenza del soggetto passivo.
1 Art. 217, (Dir. 2006/112/CE), come modificato dalla Direttiva 2010/45/UE: «Ai fini della presente direttiva per “fattura elettronica” s’intende una fattura contenente le informazioni richieste dalla presente direttiva emessa e ricevuta in formato elettronico».
2 Si vedano le Note esplicative alla Direttiva 2010/45/UE.
3 Le Note esplicative alla Direttiva 2010/45/UE precisano che “una fattura deve essere considerata emessa quando il fornitore/prestatore, o un terzo che agisce per conto del fornitore/prestatore, o l’acquirente/destinatario in caso di autofatturazione mette la fattura a disposizione in modo che possa essere ricevuta dall’acquirente/destinatario. La fattura elettronica viene trasmessa direttamente all’acquirente/destinatario, per esempio tramite posta elettronica o un collegamento sicuro, o indirettamente, per esempio attraverso uno o più prestatori di servizi, oppure viene messa a disposizione e resa accessibile all’acquirente/destinatario attraverso un portale Internet o con qualsiasi altro metodo”. Alla stregua delle norme cui si è fatto cenno, solo una fattura che viene emessa e trasmessa elettronicamente può essere considerata fattura elettronica ai sensi dell’art. 217 della Direttiva 2010/45/UE e solo se l’autenticità dell’origine e l’integrità del contenuto sono garantite dall’utilizzo di una firma elettronica avanzata (ai sensi dell’articolo 2, punto 2, della Direttiva 1999/93/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 1999, relativa ad un quadro comunitario per le firme elettroniche, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura ai sensi dell’articolo 2, punti 6 e 10, della Direttiva 1999/93/CE) o di una trasmissione elettronica dei dati (EDI, quale definita all’articolo 2 dell’allegato 1 della raccomandazione 1994/820/CE della Commissione, del 19 ottobre 1994, relativa agli aspetti giuridici della trasmissione elettronica di dati, qualora l’accordo per questa trasmissione preveda l’uso di procedure che garantiscano l’autenticità dell’origine e l’integrità dei dati) , ma anche dall’impiego di diverse tecnologie che permettano controlli di gestione che creino piste di controllo affidabili tra una fattura e una cessione di beni o una prestazione di servizi.
4 In questo senso, si rimanda a “Fatturazione elettronica e conservazione sostitutiva dei documenti: adesso si può!”, di A. Lisi e L. Giacopuzzi, in Rivista di Diritto Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie, n. 5/2005, Nyberg Editore.
5 Art. 244 della Direttiva 2006/112/CE: “Ogni soggetto passivo deve provvedere all’archiviazione di copie delle fatture emesse da lui stesso, dall’acquirente o dal destinatario, oppure in suo nome e per suo conto, da un terzo, nonché delle fatture che ha ricevuto”.
6 Le note esplicative alla direttiva 2010/45/UE ribadiscono che il periodo di conservazione delle fatture è determinato da ciascuno Stato membro e chiariscono che l’articolo 219 bis non si applica relativamente alla conservazione delle fatture. Lo Stato Membro decide il periodo di conservazione delle fatture nel caso di forniture di beni o servizi locali. Un fornitore che fa rifornimenti tassabili in un altro Stato Membro, come nel caso del “reverse charge”, dovrebbe essere in linea con le regole di conservazione dello Stato Membro dove l’operazione si considera effettuata.
7 Questa disposizione è conforme al Considerando n. 12 della Direttiva 2010/45/UE secondo il quale “qualora un soggetto passivo archivi le fatture da esso emesse o ricevute tramite un mezzo elettronico, anche lo Stato membro nel quale è dovuta l’imposta ha diritto ad accedere a tali fatture per eventuali controlli oltre allo Stato membro nel quale il soggetto passivo è stabilito”.